Test psichici sulle toghe. Il Csm non può rinviare

Domani il plenum dovrebbe decidere sui nuovi orali. Ma per far partire gli "esami" ci vorrà oltre un anno

Test psichici sulle toghe. Il Csm non può rinviare
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L'appuntamento al plenum è previsto per domani. La Sesta commissione del Csm dopo un interminabile travaglio, allungatosi per 16 mesi, porterà le sue proposte. L'idea è quella di partire con quattro psicologi che metteranno a punto i test psicoattitudinali, introdotti dal decreto legislativo del 28 marzo 2024. Insomma, c'è voluto un anno e mezzo per avere i nomi dei cattedratici che studieranno il modello dei test, previsti per l'ingresso in magistratura e collocati dal legislatore nel corso del colloquio orale. Ci sono state grandi polemiche sul punto, perché da più parti si è detto che la maggioranza di centrodestra voleva dare uno schiaffo alla magistratura, imponendo ai candidati un percorso umiliante per superare la porta di accesso alla professione.

Ora però questa questione rischia di rimanere sullo sfondo, mentre si affaccia una nuova drammatica problematica: quanto ci vorrà per mettere in moto gli esami di idoneità delle giovani toghe? Le previsioni sono di un anno, un anno e mezzo. Dunque, si dovrebbe andare al 2027, a spanne, ma la norma dovrebbe entrare in vigore con i concorsi che si svolgeranno a partire dal 1 gennaio 2026. Dunque, con un anno secco di ritardo rispetto alle tabelle di marcia immaginate.

E nei corridoi di Palazzo dei Marescialli si comincia a discutere sul da farsi e sul modo migliore per affrontare la questione, assai spinosa. Un primo concorso, per circa 450 posti, è previsto a fine 2025 e dunque dovrebbe rientrare nella vecchia normativa, ma poi le valutazioni e gli screening dovrebbero cominciare, pur fra i mugugni e le obiezioni della corporazione togata. Che cosa accadrà?

Un primo scenario è quello di congelare i concorsi, aspettando che la situazione si regolarizzi. Ma questo vorrebbe dire bloccare il reclutamento e lasciare scoperti centinaia di posti. Tutto il contrario di quel che il ministro Carlo Nordio ha predicato per mesi, annunciando che avrebbe colmato i buchi. Per il Guardasigilli sarebbe uno scivolone inaccettabile.

L'alternativa è quella di chiedere una deroga alla normativa in arrivo e andare avanti con il vecchio sistema, almeno in una prima fase. Anche questa ipotesi non convince, ma appare la più spendibile, quando ormai l'anno volge al termine.

Qualcuno, sicuramente peccando di malizia, si chiede se non sia stato una sorta di sabotaggio per mettere a punto la short list che verrà proposta al plenum. Mesi e mesi per ascoltare 19 luminari, poi la scelta di suggerire al Consiglio quel poker di esperti: Santo Di Nuovo, emerito di psicologia generale a Catania, e poi Monica Molino, docente di psicologia del lavoro a Torino, Giuseppe Sartori, professore di psicologia forense a Padova e Andrea Spoto che insegna psicometria a Padova.

Sono loro che dovrebbero elaborare in concreto i test. Intanto, la Nona commissione ha completato un monitoraggio in Europa e ha scoperto che le cose non stanno esattamente come qualcuno immaginava.

Da Spagna e Svezia arrivano risposte sorprendenti: i test non ci sono, ma l'adozione non susciterebbe critiche o allarmi; i Paesi Bassi e la Romania li hanno messi all'inizio della carriera ma nessuno li contesta. E nemmeno lancia alert per la democrazia. Solo in Italia, a quanto pare, il tema è così divisivo.

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