Da una parte la Procura di Milano che chiede di punire con l'oscuramento pubblicitario uno dei marchi mondiali del made in Italy. Dall'altra il marchio mondiale che reagisce accusando i magistrati di alzare il livello dello scontro per nascondere le proprie sconfitte. È uno scontro frontale di rara asprezza quello che oppone il gruppo Tod's alla Procura milanese: e in particolare a Paolo Storari, il pubblico ministero che delle campagne contro lo sfruttamento della manodopera da parte delle grandi griffe ha fatto una battaglia quasi personale. E che mette sotto inchiesta per caporalato tre manager del gruppo guidato da Diego Della Valle, nonché il gruppo stesso come persona giuridica, dopo avere chiesto che venisse messo sotto amministrazione giudiziaria. Un secco comunicato di Tod's ribatte parlando di "sospetto tempismo", sottolineando la coincidenza della notizia con l'insuccesso subito dalla Procura davanti alla Cassazione: la Suprema Corte ha respinto il ricorso di Storari per tenere l'inchiesta a Milano anziché trasferirla a Macerata, sotto cieli giudiziari che Della Valle considera probabilmente meno tempestosi.
Che i vertici di Tod's non apprezzassero l'irruenza del pm milanese, nè tantomeno l'accusa di produrre utili sfruttando manodopera sottopagata, lo si era intuito già l'anno scorso, quando per la prima volta la Procura aveva messo sotto accusa la filiera produttiva del gruppo: "La gente come il pm Paolo Storari - aveva detto Diego Della Valle - deve pensare che non si può mettere alla berlina la reputazione di gente come noi". Storari non ha recepito il messaggio e anzi ha alzato il tiro. Se l'anno scorso aveva accusato Tod's soltanto di inefficienza nei controlli sulla filiera, adesso sostiene che il gruppo conosceva bene le condizioni di lavoro di chi produce i suoi griffatissimi modelli, e ha fatto scattare l'accusa di caporalato: nei nuovi atti si parla di "cecità intenzionale", dopo che i controlli interni non hanno fugato - secondo il pm - gli elementi a carico dei manager di Della Valle. Nei sei laboratori ispezionati dai carabinieri l'anno scorso tra Milano, Vigevano e Macerata sarebbero stati individuati una cinquantina di dipendenti sottopagati "in evidente stato di bisogno": stipendi sotto la metà del minimo sindacale, alloggi dormitorio affittati a caro prezzo alle maestranze... Gli audit successivi hanno convinto Storari della piena consapevolezza dell'azienda committente. Da lì, l'inedita richiesta di colpire Tod's con una sospensione di sei mesi dal mercato pubblicitario, per ridurre i profitti derivanti dallo sfruttamento della manodopera: decisione fissata per il 3 dicembre davanti al giudice preliminare Domenico Santoro. Tod's,, dopo avere sottolineato il "sospetto tempismo" dell'offensiva di Storari, fa sapere di essere pronto: "Il gruppo sta esaminando con la medesima tranquillità l'ulteriore materiale prodotto dalla Procura".
Il patron Della Valle, quando poche settimane fa erano uscite le prime accuse, era stato meno pacato: "Dire che c'è del caporalato in gruppi come i nostri è la più grande cavolata che si possa dire. Ho fiducia nella magistratura ma devono fare in modo non che scappino sulle fasce laterali dei ragazzi che pensano di essere padroni del mondo solo perché poi nessuno reagisce mai"