La toga beffata dalle microspie: parla male del capo e lo trasferiscono

La toga beffata dalle microspie: parla male del capo e lo trasferiscono

Intercettato. Censurato. E infine trasferito dalla Procura di Trieste a quella di Treviso perché pizzicato a parlare dei suoi superiori con «toni irridenti» e «offensivi».

Si chiude con la pesante sanzione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura la scia di veleni e polemiche che da due anni si trascina nell'ufficio giudiziario giuliano. Il pm Federico Frezza ora è costretto a fare le valigie dal verdetto della sezione disciplinare di palazzo dei Marescialli, che ha ravvisato nel magistrato triestino un «comportamento gravemente scorretto» ai danni del procuratore capo Carlo Mastelloni e del procuratore generale della Corte d'Appello di Trieste. Che Frezza in una conversazione privata con un giornalista definiva capaci di «emanare disposizioni solo per dimostrare di esistere».

Già, perché in questa intricata storia di sospetti interni, intercettazioni e fughe di notizie, il pm veniva ascoltato a sua insaputa su disposizione partita dallo stesso Mastelloni. Dove Frezza era indagato per rivelazione del segreto d'ufficio, sospettato di passare informazioni a un cronista locale, anche lui raggiunto da un avviso di garanzia. L'accusa è stata poi archiviata per entrambi, eppure quell'opinione poco edificante sui colleghi emersa nei brogliacci è rimasta una macchia sulla carriera da lavare con il trasferimento. Nella censura del Csm hanno pesato anche altri «giudizi offensivi» a cui Frezza si era lasciato andare conversando in auto con un assistente capo della polizia.

Questa volta indirizzati verso un tenente della Dia, da lui descritto «come persona che non aveva mai concluso niente durante la sua permanenza in Trieste, che scriveva come un alunno della quinta elementare e col quale avrebbe preferito non continuare a lavorare».

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