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Le toghe restano in trincea e adesso gridano al bavaglio

Anm contro le nuove norme sulla presunzione di innocenza: irrigidita la comunicazione dei pm

Ma le toghe restano in trincea e adesso gridano al bavaglio

«Distorsioni». «Scelte discutibili». E rischi per la «corretta informazione nella fase delicatissima delle indagini». L'Associazione nazionale magistrati reagisce al decreto legislativo approvato dal governo sulla presunzione di innocenza. Le nuove norme, che recepiscono una direttiva europea del 2016, limitano il rapporto tra magistrati e stampa sui procedimenti penali, d'ora in poi regolato «esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa». Possibili solo con un «atto motivato» del procuratore che le giustifichi. Nessuna informazione, dunque, al di fuori di questo contesto. «Si è irragionevolmente irrigidita la comunicazione con la stampa dei procuratori - ha detto ieri il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia in apertura del direttivo - Sono regole che non renderanno un buon servizio, questo è il timore, all'esigenza di una corretta informazione su quanto accade nel processo durante la fase delicatissima delle indagini». Per questo l'Anm «dovrà essere pronta a rilevare le distorsioni applicative che oggi da più parti si prefigurano e non lasciare che siano soltanto i procuratori a tenere alta l'attenzione su questi temi assai sensibili per l'effettività dell'assetto democratico della giustizia penale, di cui un tassello importante è proprio il rapporto con la stampa».

Del resto voci fortemente critiche arrivano dalle Procure e anche dall'interno dello stesso Csm, che alla fine ha dato parere favorevole pur sollevando perplessità, con il consigliere ed ex pm antimafia Nino Di Matteo che ha parlato di «svolta illiberale» e «bavaglio» per gli inquirenti. Il rafforzamento del principio della presunzione d'innocenza viene tradotto anche nel divieto per magistrati e polizia giudiziaria «di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l'imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili». L'indagato ha il diritto di chiedere una rettifica antro 48 ore. Le parole vanno pesate però, dice il decreto, anche nelle ordinanze di applicazione di misure cautelari: l'autorità giudiziaria dovrà limitare «i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento». È qui che si rischiano ancora «distorsioni applicative» secondo l'Anm.

Una posizione che innesca lo scontro politico: «È sconcertante e sostanzialmente eversivo l'atteggiamento dell'Anm. Tentare di stroncare il protagonismo di alcune toghe non è apprezzato dall'associazione - attacca Maurizio Gasparri, Forza Italia - Che l'associazione assuma una posizione di aperta sfida è davvero preoccupante. Si rispettino la democrazia e la volontà del Parlamento».

Ma l'Anm, che ieri ha deciso all'unanimità di costituirsi parte civile nel processo a carico dell'ex pm Luca Palamara, critica anche la riforma del processo penale, che per superare l'abolizione della prescrizione ha introdotto il principio dell'improcedibilità: le norme, attacca Santalucia, «potrebbero rallentare l'iter dei processi e mettere a dura prova gli uffici giudiziari in maggiore difficoltà organizzativa».

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