Roma - Sono decisamente lontani i tempi in cui il Movimento 5 Stelle espugnava due «piazze» importanti come Torino e Roma. Due prime cittadine al comando delle giunte gialle per dare il «nuovo corso» all'Italia in Movimento. Era il 19 giugno 2016, giorno del ballottaggio. Una sorta di monito di quanto sarebbe accaduto due anni dopo con le politiche del 4 marzo 2018 che avrebbero regalato un aspetto affatto inedito del parlamento italiano. Eppure, a ben vedere, già allora - quando trionfarono felici con oltre il 32% dei voti assicurandosi i due terzi dei ministri dell'attuale gabinetto Conte - c'erano segnali che qualcosa non funzionava. Proprio Torino e Roma infatti segnarono il passo nel marzo del 2018: nel capoluogo piemontese infatti lasciarono sul campo 5 punti di percentuale, mentre nella Capitale «soltanto» 4.
Uno dei capitoli fondamentali della storia del Movimento, però, è rappresentato dal caso Parma. È stato, questo, il primo capoluogo amministrato dai Cinquestelle (elezioni nel 2012). E anche bene, a detta di molti osservatori. Eppure Federico Pizzarotti si è trovato presto in rotta di collisione con la rigida nomenclatura grillina che non gli perdonava indipendenza di giudizio e di buonsenso. Ed è proprio nella città emiliana che si registra il primo grande shock per Di Maio e compagni. Nel 2017 si torna al voto. E al primo turno i grillini prendono soltanto 2.406 voti contro i 13.817 incamerati cinque anni prima.
Nel 2018 torna a perdere in una roccaforte come Ragusa dove il pentastellato Federico Piccitto deve cedere la poltrona di primo cittadino a Giuseppe Cassi, espressione di una coalizione di centrodestra. Soltanto Avellino va in controtendenza. È l'unico grande Comune conquistato (ai danni del Pd) dal Movimento Cinquestelle. Al primo turno, però, avevano preso soltanto il 14,19% mentre alle Politiche dello stesso anno prendono più del doppio. Insomma il problema è che il movimento dell'antipolitica, che vuole azzerare tutti i cascami dell'ideologia per un'autentica politica del fare non riesce a produrre risultati adeguati nelle elezioni amministrative (di ogni ordine). Non va meglio nemmeno nelle elezioni regionali dell'anno scorso. In Friuli Venezia Giulia mandano in consiglio 4 consiglieri contro i 18 della Lega. Anche quest'anno non è andata meglio, anzi. In Abruzzo hanno preso il 19,73%, in Basilicata hanno superato di poco il 20 mentre in Sardegna non hanno toccato nemmeno il 10. E ora il voto siciliano.
Col crollo di Bagheria (già roccaforte grillina) e con la conquista del ballottaggio a Caltanissetta dove però il candidato del centrodestra Michele Giarrata ha 17 punti di percentuale in più del rivale Roberto Gambino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.