A Torino sindaco e questore rischiano per piazza San Carlo

Nel mirino dei pm anche dirigenti e vigili. L'ipotesi omicidio colposo per la calca: fino a 12 anni di galera

A Torino sindaco e questore rischiano per piazza San Carlo

L'indagine è finita, gli avvisi di garanzia sono pronti. Quindici provvedimenti, tecnicamente inviti a comparire, forse qualcuno in più: la procura di Torino li recapiterà nelle prossime ore, forse lunedi per non compromettere la tregua elettorale, ai vertici istituzionali di una cittá ancora scossa dalla tragedia di piazza San Carlo. Era la sera del 3 giugno e doveva essere un momento di festa per la finale di Champions: invece quella pagina vergognosa ha segnato la fine della luna di miele fra la giunta grillina, guidata dalla sindaca Chiara Appendino, e l'opinione pubblica sabauda. Una donna di 38 anni, Erika Pioletti, schiacciata dalla folla impazzita e morta dopo una lunga agonia, un'altra ragazza ridotta su una sedia a rotelle, un bilancio di guerra che si fatica a credere: 1527 persone ferite.

Per quel disastro senza precedenti, frutto di scelte sbagliate, dilettantismo e improvvisazione dovrebbero essere chiamati in causa i personaggi più importanti sotto la Mole: la prima cittadina Chiara Appendino, il questore Angelo Sanna, l'ex capo di gabinetto della sindaca e uomo forte della maggioranza Paolo Giordana, costretto alle dimissioni nei giorni scorsi dopo essere stato intercettato mentre cercava di far togliere la multa presa da un amico, il capo di gabinetto dela questura Michele Mollo. Più defilato il prefetto Renato Saccone, mentre sarebbero coinvolte altre figure delle varie catene di comando - pompieri, vigili urbani, commissione di vigilanza - che quella sera non funzionarono a dovere.

L'accusa, almeno sulla carta assai pesante, è di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza, e di lesioni plurime gravissime. Due reati per cui il codice prevede sulla carta pene complessive fino a 12 anni di carcere.

Fonti giudiziarie fanno notare che la posizione della sindaca, già ammaccata dalla vicenda Ream, sarebbe fra quelle meno esposte, ma questo non è ancora il momento dei distinguo. Certo, in una prima fase, la Procura guidata da Armando Spataro, uno dei magistrati più noti d'Italia con un passato di primissimo piano a Milano, aveva concentrato le responsabilità più pesanti su Maurizio Montagnese e Danilo Bessone, due dirigenti di Torino Turismo, l'ente cui il Comune aveva di fatto delegato la realizzazione dello sfortunatissimo evento. Appendino era già stata iscritta nel registro degli indagati, ma solo per le lesioni lievi denunciate dai molti tifosi e cittadini rimasti impigliati nella terribile calca. Un atto dovuto, o poco più.

Sembrava insomma che almeno sul lato penale i vertici della città se la potessero cavare senza gravi conseguenze. Ma qualcosa è cambiato: al danno di immagine, devastante, si è aggiunto il lavoro investigativo. La Digos ha raccolto decine di testimonianze, la consulenza tecnica ha svelato che non esisteva neppure un piano di emergenza. Il quadro emerso è a dir poco sconfortante: la folla era stipata in una cornice sontuosa e suggestiva, ma priva di vie di fuga. Anzi, e transenne formavano una sorta di diga. Le misure di sicurezza erano a dir poco carenti e i venditori abusivi circolavano liberamente con le loro pericolosissime bottigliette di vetro. Quando qualcosa, la ragione non è ancora chiara, ha scatenato il panico, la situazione è sfuggita di mano a tutti.

E migliaia di persone ammassate sono rimaste prigioniere delle proprie paure. Ora la svolta, rallentata dalle elezioni siciliane. «Ho fiducia nella magistratura - dichiara Appendino - ma non ho ricevuto avvisi di garanzia». Almeno finora.

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