R itorna l'asse del Nord. Come nel 1994. Uno dei due contraenti del patto tra Forza Italia e Lega Nord, però, è cambiato: ad accordarsi con Silvio Berlusconi, questa volta, è stato Matteo Salvini. L'obiettivo, però, è lo stesso di ventuno anni fa: vincere le elezioni in Veneto, Liguria e Umbria (in Toscana e Marche i due partiti correranno separati, mentre in Campania vi è un patto di desistenza) e, possibilmente, rinsaldare l'alleanza in vista delle Politiche che, teoricamente, potrebbero svolgersi anche prima del 2018.
«L'accordo tra Forza Italia e Lega era nell'aria, ma è nella storia», ha commentato ieri a Montecitorio il capogruppo alla Camera degli azzurri, Renato Brunetta, aggiungendo che «si tratterà adesso di costruire, attraverso un cantiere, il programma comune» anche per le prossime sfide elettorali. «Proposte contro promesse, concretezza contro vacuità», chiosava Il Mattinale sottolineando come la ritrovata unità dei due pesi massimi del centrodestra si contrapponga allo stile propagandistico del Pd di Matteo Renzi. Circostanza rilevata anche da Mariastella Gelmini che ha evidenziato come «il voto regionale sta seminando più d'una preoccupazione fra i dirigenti del Pd». Eppure qualche differenza rispetto al recente passato comune sembra esserci se anche lo stesso Mattinale si è augurato che il Carroccio «possa riscoprire il leghismo delle origini, quello che ha trasformato un movimento territoriale in una grande forza politica e di governo».
Per Matteo Salvini, infatti, è stato tutt'altro che facile far digerire alla base il passo indietro di Edoardo Rixi in Liguria in favore dell'europarlamentare azzurro Giovanni Toti. E sia sul web che su Radio Padania i «duri e puri» non hanno lesinato critiche al quarantenne segretario. «In Liguria a me interessa vincere: abbiamo fatto un sacrificio per fare il colpaccio», ha detto ieri ai microfoni dell'emittente del partito. Eppure, come detto, non poche sono state le proteste. «Matteo, cosa fai? Consegni Genova al Pd?», scriveva su Facebook un simpatizzante. «Che delusione! Svendere la Liguria per il Veneto», rimarcava un altro. La sensazione della «pancia» del partito, infatti, è che l'operazione sia finalizzata a consolidare la ricandidatura di Luca Zaia a Venezia, messa a rischio dallo «scissionista» Tosi.
E così Salvini ieri si è impegnato in una paziente opera di rassicurazione degli elettori. «Ho deciso io, non Berlusconi», ha spiegato a margine di un sopralluogo ad un campo rom nella periferia di Milano. «A livello politico se si votasse domani, la Lega Nord andrebbe da sola» a causa delle differenze di vedute su immigrazione ed euro. Una sortita finalizzata a confermare l'immagine del partito di lotta che Salvini, in questi mesi, ha pazientemente ricostruito. Ma, per sua stessa ammissione, l'accordo «amministrativo» è stato chiuso anche «per gli schizzi di fango che pioveranno sulla Lega fino al 31 maggio». Sono, infatti, partite le prime querele contro i media che hanno menzionato il Carroccio nell'inchiesta napoletana sugli appalti della coop Cpl Concordia.
«Andiamo nella direzione della continuità anche se mi dispiace per la Liguria, anche se penso che Salvini saprà convincere» i dissenzienti, ha commentato il governatore leghista Luca Zaia.
Il segretario, infatti, non ha perso tempo: ieri ha partecipato a Genova a un corteo degli operai Fincantieri assieme all'azzurra Lara Comi e ha annunciato che sarà spesso in Liguria «perché conto che la Lega sia il primo partito». La posta in gioco è molto alta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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