I metodi per fortuna sono ancora maldestri, ma l'obiettivo è già evidente. Il commando terrorista neutralizzato ieri all'ingresso del tempio di Karnak a Luxor voleva riportare l'Egitto indietro di 18 anni. Se invece di farsi saltare in aria, dopo esser stati individuati dalle forze di polizia, i tre terroristi fossero riusciti a introdursi nel sito archeologico oggi probabilmente faremmo i conti con un bilancio simile a quello del 17 novembre 1997 quando una cellula di Al Gamaa Al Islamiya (Gruppo Islamico) seminò il terrore nel tempio di Hatshepsut, sulla sponda opposta del Nilo, uccidendo 62 persone. Ieri per fortuna è andata bene. Due dei tre terroristi sono stati dilaniati dalla bomba che loro stessi hanno innescato dopo esser stati individuati dalla polizia. Un terzo è stato catturato dopo esser rimasto ferito nel corso della sparatoria.
L'incognita è però cosa succederà se questi attacchi continueranno. Oggi, come 18 anni fa, i terroristi puntano a seminare la paura e ad allontanare quel turismo che rappresenta, assieme ai proventi del Canale di Suez, una delle principali entrate del Paese. Stavolta, però, il rischio è anche maggiore. L'insurrezione islamista degli anni Novanta, orchestrata dal Gruppo Islamico, autore della strage di Luxor, e da quella Jihad Islamica di Ayman Zawahiri confluita poi in Al Qaida, era un movimento largamente marginale e minoritario. Entrambi le formazioni non riuscirono mai a conquistare un largo consenso popolare. E questo soprattutto perché la Fratellanza Musulmana, il gruppo che controllava gran parte delle moschee e delle masse islamiche rifiutava l'opzione terrorista. Oggi la situazione è ben diversa. Duramente colpita dalla repressione seguita al colpo di Stato che - nel luglio 2013 - ha messo fine al regime del presidente Mohammed Morsi, la Fratellanza Musulmana non è soltanto un movimento largamente ridimensionato, ma anche profondamente lacerato. Molti dei suoi militanti e dei suoi dirigenti, soprattutto all'interno dell'ala giovanile, sono tentati dalla scelta della lotta armata. Per questo il fallito attentato di Luxor - messo a segno una settimana dopo l'uccisione di due agenti di polizia davanti alle piramidi di Giza, alla periferia del Cairo - potrebbe rivelarsi il prologo di una ben più vasta offensiva terroristica. Un'offensiva destinata a scoraggiare gli stranieri tornati, dopo anni di lontananza, a visitare i siti archeologici e le località turistiche.
La temuta offensiva s'innescherebbe peraltro sulla scia di attentati che negli ultimi 18 mesi hanno colpito le forze di sicurezza causando centinaia di vittime. Senza contare l'insurrezione jihadista del nord del Sinai dove i militanti di Ansar Beit al-Maqdis hanno dichiarato la loro fedeltà al Califfato dello Stato Islamico. Se le migliaia di militanti della Fratellanza Musulmana, già dichiarata movimento terrorista dal presidente Abdel Fattah al-Sisi, varcassero il Rubicone e scegliessero la lotta armata il governo egiziano si ritroverebbe a fronteggiare un movimento distribuito capillarmente nel Paese e capace di manovrare centinaia di cellule operative.
Un movimento non in grado forse di contrastare l'egemonia dell'esercito, ma sicuramente capace di destabilizzare l'Egitto, che appena ora incomincia faticosamente a risalire il baratro in cui l'hanno trascinato la rivoluzione del 2011 e le dissennate scelte politico-economiche attuate dall'ex presidente Morsi e dai Fratelli Musulmani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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