"Tragica fine, noi vicini a prendere Igor"

Il comandante Pasquale Angelosano e gli attacchi al Ros: "Non è stata una sconfitta. Eravamo sulla pista giusta"

"Tragica fine, noi vicini a prendere Igor"

La caccia a Igor è finita, ma è difficile parlare di vittoria: perché altre tre vittime innocenti sono rimaste sul terreno prima che il criminale dai cento volti venisse catturato in Spagna, dopo essere inspiegabilmente sfuggito alla gigantesca caccia all'uomo messa in atto in Emilia tra aprile e maggio contro di lui.

Mille uomini non sono riusciti a trovarne uno. Possiamo parlare di sconfitta?

«Io non credo proprio - risponde il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei carabinieri - perché non sempre le attività di questo tipo portano a risultati, altri latitanti sono sfuggiti alla cattura negli anni passati e altri magari ne sfuggiranno in futuro. Ma l'impegno è stato massimo, da subito e fino alla conclusione».

Eppure l'impressione è che la caccia sia stata condotta come una operazione militare, e non come una attività di intelligence: avete cercato Igor Vaclavic, o meglio Norbert Feher, nei canneti e nei cascinali, invece di frugare la sua rete di appoggi.

«Non è vero, le due attività sono andate fin dall'inizio di pari passo, anche se una era ovviamente più vistosa dell'altra. Quando abbiamo capito che Igor non era più nella zona dove lo cercavamo, le operazioni militari sono cessate e ci siamo concentrati sulle indagini. L'epilogo dimostra che eravamo sulla strada giusta».

Significa che se non ci fosse stata l'ultima sparatoria l'avreste preso comunque?

«Avevamo tre piste: una in Serbia, una in Austria e una in Spagna. In Spagna, dove siamo arrivati grazie a intercettazioni ma anche testimonianze dirette, avevamo attualmente attività in corso a Madrid, a Malaga ma soprattutto a Valencia, cioè vicino al luogo dove poi il latitante è stato catturato. Eravamo in attesa della indicazione giusta per arrivare a prenderlo. Certo, sarebbe stato meglio catturarlo prima della tragica conclusione, ma quanto accaduto non era previsto né prevedibile».

Secondo lei come c'è arrivato Igor in Spagna?

«Azzarderei: via terra, dove come è noto i controlli di polizia non ci sono più».

Quali complicità ha avuto?

«Partendo dai tablet e dai cellulari che aveva in uso prima del delitto di Budrio abbiamo ricostruito la sua rete di relazioni. Abbiamo scandagliato a fondo anche gli ambienti rom presenti in Emilia con cui ha sempre avuto rapporti costanti. In questo modo siamo arrivati ad accertare che in Spagna aveva auto contatti con alcuni magrebini, attivi nel sud del paese, e con serbi e italiani presenti a Valencia. È così che siamo arrivati in zona. Adesso sia noi che la Guardia Civil siamo impegnati ad accertare quali di questi contatti abbiano avuto ruolo diretto nella sua latitanza, perché ovviamente ne saranno chiamati a rispondere».

Quanto ha pesato la mancanza di dialogo tra voi e la polizia nell'impedire che Igor venisse catturato e riuscisse a lasciare l'Italia? La polizia dice che avete tenuto per voi degli elementi utili.

«A questa domanda posso rispondere solo che il Ros ha lavorato insieme ai reparti territoriali dell'Arma di Bologna e di Ferrara, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Bologna; e che qualunque elemento in nostro possesso è stato immediatamente messo a disposizione della magistratura».

Da italiano e da carabiniere, si augura che venga estradato o che rimanga nelle mani di una giustizia severa come quella spagnola?

«Sia l'Italia che

la Spagna hanno il diritto di processare Igor per i suoi delitti, con le modalità che si troveranno. I reati che ha commesso sono di tale gravità che verranno puniti sicuramente nella maniera adeguata in entrambi i paesi».

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