Trapianto di cuore a 7 anni. L'attesa durata 525 giorni

Il piccolo Hicham, marocchino, è vissuto per più di un anno attaccato a un organo extra corporeo

Trapianto di cuore a 7 anni. L'attesa durata 525 giorni

Cinquecentoventicinque giorni senza un cuore, mentre ce n'erano decine che battevano forte per lui. Quelli di amici, parenti, medici e infermieri che hanno sperato e pregato che Hicham venisse sottoposto a trapianto.

Il bambino, di origini marocchine, ha vissuto per quasi due anni attaccato a un cuore artificiale Berlin Heart, che lo ha tenuto in vita fino a pochi giorni fa, quando è stato eseguito il trapianto dagli specialisti della Chirurgia pediatrica dell'ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino, diretta da Carlo Pace Napoleone.

Non era mai accaduto prima che un piccolo paziente restasse così aggrappato alla vita e a una macchina che faceva battere il cuore per lui. Hicham, invece, non si è arreso mai, ha lottato e lottato ancora con infinita pazienza, con il sorriso sulle labbra al posto di quelle lacrime che era lecito aspettarsi da un bimbo ostaggio della sua salute. Ora potrà iniziare a condurre un'esistenza normale.

È nato in Marocco e nell'estate 2019, a cinque anni, ha iniziato ad avere i sintomi di una grave insufficienza cardiaca. Scoprire che un figlio ha problemi al cuore devasta una famiglia, almeno all'inizio, ma poi la spinge ad affrontare il problema e trovare, in tempi rapidi, risposte e soluzioni. Così la mamma ha deciso di prendere un aereo per l'Italia e portalo in Liguria, dove già da tempo viveva e lavorava il marito.

Dopo un breve periodo di degenza in un altro nosocomio, Hicham è stato trasferito in elicottero al Regina Margherita di Torino. Il suo cuore, infatti, si è fermato all'improvviso, ma la Terapia Intensiva cardiochirurgica, del dottor Sergio Michele Grassitelli, lo ha strappato alla morte. Rianimato e sottoposto alla circolazione extra-corporea, al piccolo viene impiantato un cuore artificiale Berlin Heart.

Hicham migliora, inizia a mangiare, con i genitori che gli fanno costantemente da angeli custodi e lui che impara la nostra lingua rapidamente, le espressioni comuni tra i bambini e i giochi. Ma i suoi movimenti sono limitati dal ventricolo artificiale che ha poggiato sull'addome, collegato a una consolle di comando. Non può mai lasciare la struttura sanitaria e i locali dell'Isola di Margherita, lo spazio per le lungodegenze dei pazienti dell'Oncoematologia, diretta dalla professoressa Franca Fagioli, diventano la sua casa. E lui «di casa» anche tra gli infermieri e gli operatori sanitari, che non mancano mai di rivolgergli una parola di incoraggiamento.

I genitori gli regalano un fratellino e una volontaria dell'Associazione Amici Bambini Cardiopatici li sostituisce durante i giorni del parto, quando sono costretti loro malgrado ad allontanarsi da Hicham.

Passano i giorni, i mesi, il piccolo paziente cresce e compie sette anni e mentre festeggia in ospedale i sanitari della struttura torinese lo guardano spegnere le candeline, sognando che quel desiderio, ormai condiviso da tutti, si avveri: una vita nuova per lui. E finalmente quel cuore tanto atteso arriva.

L'equipe dei cardiochirurghi pediatrici, diretta dal dottor Carlo Pace Napoleone e seguita con attenzione dal dottor Enrico Aidala, cardiochirurgo responsabile del Programma Trapianti, esegue l'intervento.

I giorni successivi sono quelli della gioia e dell'attesa, che però dura poco, perché dopo i controlli di routine Hicham viene dimesso e torna a casa, con gli occhi finalmente aperti sul futuro che lo attende.

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