Guerra in Ucraina

Tre combattenti stranieri condannati a morte Ira di Londra: «Una farsa»

Donetsk, processo a due inglesi e un marocchino. Il dibattito in tv: "Meglio impiccarli o squartarli"

Tre combattenti stranieri condannati a morte Ira di Londra: «Una farsa»

È una sentenza, per di più pronunciata da una corte non riconosciuta a livello internazionale, che ha il sapore della prima «vendetta» inflitta dalla Russia al Regno Unito e all'attivismo anti-Mosca del suo primo ministro Boris Johnson. Una corte gestita dai ribelli filorussi nell'autoproclamata Repubblica di Donetsk ha condannato a morte, in primo grado, due cittadini britannici e con loro un cittadino marocchino, con l'accusa di essere «mercenari», cioè di prendere parte alla guerra in Ucraina per guadagnare denaro, a titolo personale, e non per servire l'esercito di Kiev. Ma le autorità di Londra e i familiari dei condannati gridano all'oltraggio al diritto internazionale. È un «processo-farsa», tuona la ministra degli Esteri Liz Truss. «Non ha alcuna legittimità» e per le famiglie è avvenuto «in violazione della Convenzione di Ginevra» sui prigionieri di guerra.

Aiden Aslin, 28 anni, di Newark, centro dell'Inghilterra, e Shaun Pinner, 48 anni, di Watford, nord-ovest di Londra, sono stati accusati insieme al marocchino Saaudun Brahim anche di «terrorismo» e di aver portato, con le loro azioni, «alla morte e al ferimento di civili, oltre che danni alle infrastrutture». Dopo un processo di alcuni giorni, la presunta confessione sarebbe arrivata, diffusa mercoledì dall'agenzia di stampa statale Ria Novosti tramite un video in cui i due si sono dichiarati «colpevoli». L'ammissione è scattata nonostante entrambi si fossero proclamati, in un primo momento, membri della Marina ucraina, a cui spetterebbero le tutele previste dal diritto internazionale e che non dovrebbero essere perseguiti per il semplice fatto di aver partecipato al conflitto.

Il ministero degli Esteri ucraino ha confermato. «Sono militari delle nostre forze armate. Sono soggetti allo status giuridico di combattenti - ha spiegato il portavoce Oleh Nikolenko - Quel processo non ha valore». Ma è sul nodo mercenari-o-soldati che scoppia il caso, culmine di un braccio di ferro durissimo fra Russia e Regno Unito dall'inizio della guerra, con la Gran Bretagna che si è distinta per aver mandato, seconda agli Stati Uniti, più armi a Kiev e per aver incarnato la linea durissima contro Putin, sul piano diplomatico e delle sanzioni, tanto che lo «Zar» ha definito il premier Johnson «il più attivo partecipante nella corsa a essere anti-russo». Non a caso ieri, l'uomo della propaganda del Cremlino, il conduttore Vladimir Solovyov, si è lanciato in un dibattito surreale in tv: «Li impicchiamo o li squartiamo?» era, in sintesi, il dibattito in studio. «E Londra che farebbe? Scatterebbe la settima ondata di sanzioni?».

«Nonostante la propaganda del Cremlino - hanno spiegato i familiari del condannato Aslin - Aiden non è né un volontario, né un mercenario, né una spia e lavora per l'esercito ucraino da quattro anni». Non solo. «Violando la Convenzione di Ginevra, lo hanno fatto parlare sotto costrizione, dopo che ha chiaramente subìto lesioni fisiche». «Stanno usando questi cittadini come monito - ha aggiunto l'ex ministro, oggi deputato di Newark, Robert Jenrick - Una vergogna».

Il governo inglese si dice «profondamente preoccupato» e promette che «lavorerà per ottenere il rilascio». «Sono prigionieri di guerra e noi abbiamo più volte detto che non devono essere sfruttati a fini politici». «In base alla convenzione di Ginevra - ha sottolineato un portavoce dell'esecutivo - hanno diritto all'immunità di combattenti e non dovrebbero essere perseguiti per la loro partecipazione alle ostilità».

L'obiettivo potrebbe essere uno scambio di prigionieri. L'Ucraina ha condannato finora al carcere tre soldati russi. A Vadim Shishimarin, 21 anni, è toccato l'ergastolo per aver ucciso un civile nella regione di Sumy.

Alexander Bobikin e Alexander Ivanov sono stati condannati a più di 11 anni per bombardamenti contro i centri abitati che «violavano le leggi e i costumi di guerra».

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