Doveva essere la «terza via» per il superamento dei campi rom a Roma, almeno secondo la sindaca, Virginia Raggi. Invece il rientro volontario assistito pagato dal comune ad alcuni nomadi che erano stati sgomberati a luglio scorso da uno degli insediamenti della Capitale, il camping River, conta già due ritorni. Dalla Romania all'Italia. Ma solo dopo aver incassato i soldi per partire, come ha raccontato lunedì Quarta Repubblica, di Nicola Porro.
Sono trascorsi solo due mesi dalla partenza e da quel «viaggio» con cui la stessa sindaca Raggi è volata in Romania per verificare le condizioni delle famiglie rom che avevano accettato il progetto di rientro a Craiova, 300mila abitanti a sud-ovest del Paese. Strette di mano, bilaterali con il sindaco rumeno, incontri e sorrisi con le persone che per andarsene da Roma avevano aderito al piano offerto dal Campidoglio: 1.500 euro per partire e altrettanti da ricevere in seguito, su base mensile, una volta giunti in Romania. Tremila euro in tutto per ricominciare una nuova vita fuori dall'Italia.
Doveva essere, insomma, un esempio di efficienza, almeno secondo i comunicati stampa di allora. La dimostrazione che superare i campi nomadi - come ci chiede l'Unione Europa, entro il 2021 - si può, pagando con i fondi Ue un progetto di inclusione. Invece, trascorse poche settimane, nel silenzio generale il primo nucleo familiare è di nuovo rientrato in città. Marito e moglie hanno incassato il denaro per lasciare l'Italia, ma poco dopo sono tornati con un pullman. Una volta arrivati in patria, si sarebbero ritrovati senza una casa, a dormire di nuovo in una baracca, seppur con la promessa di ricevere un'abitazione entro poco. «Per questo siamo tornati - hanno spiegato - la Raggi è venuta a Craiova, ha parlato con noi e con il nostro sindaco per una casa. Ci hanno dato 1.500 euro per partire ma poi più niente, dovevano darcene altri 1.500. Cinquecento li abbiamo spesi subito per il viaggio e gli altri soldi sono finiti. Là eravamo senza casa, in una baracca, al freddo». Casa che non hanno nemmeno in Italia, visto che dormono in una macchina, in un parcheggio: «Ma qui la vita è diversa, stiamo meglio». Il comune sa che siete qui? «Sì, abbiamo già parlato con loro». Dal Campidoglio confermano e assicurano che il caso sarà seguito dagli «operatori sociali che cercheranno di convincerli a riandare in Romania». Non è chiaro se a fronte di altri soldi. Ma la questione casa non è compito del comune di Roma ma di quello romeno, con cui è stata siglata una partnership che prevede il monitoraggio delle persone rimpatriate, affinché si verifichi che stanno cercando un lavoro: «I 1.500 euro dovevano bastare loro per sei mesi. E poi, è un po' come il reddito di cittadinanza, la logica è niente bonus a vuoto», filtra dal Campidoglio. Invece a vuoto ci è andato il primo contributo, visto che i beneficiari l'hanno intascato ma sono subito tornati in Italia. In tutto sono nove le famiglie, su 400 persone sgomberate dal campo, che hanno accettato il denaro. C'è da sperare che non decidano di rientrare anche gli altri. «È un caso. Il progetto funziona, ovvio che ci sono criticità e che qualcuno voglia tornare». Però così si tornerebbe anche ai rom per strada o in altre baracche. Con le casse del comune svuotate dai biglietti staccati per la Romania.
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