Cronache

Trivulzio fuori dal tunnel: "Fateci rivedere i parenti per il tempo che ci resta"

Iniezioni a ospiti e personale della Rsa simbolo della tragedia della prima ondata

Trivulzio fuori dal tunnel: "Fateci rivedere i parenti per il tempo che ci resta"

Ore 11.13, scatta il V-Day al Pio albergo Trivulzio di Milano. L'automedica partita dall'ospedale Niguarda e che trasporta i dieci flaconcini per la struttura socio sanitaria più grande d'Italia varca il cancello dell'ingresso principale scortata da una Volante. Quella interna al Pat è l'unica Rsa che ieri ha vaccinato gli anziani ospiti, 12 in tutto. Inoltre la «Baggina» è la sola realtà non ospedaliera tra i 14 presidi che smisteranno i vaccini anti Covid in Lombardia. Una scelta simbolo, queste mura in primavera hanno racchiuso tanto impegno e tanto dolore.

L'eccitazione dell'attesa negli ampi corridoi del piano terra, tra medici, infermieri e altri dipendenti, è palpabile. «Un'emozione enorme, non ho dormito», confessa la dottoressa Barbara Caimi, responsabile del programma di vaccinazione Covid. La sua collega Maria Cristina Neri descrive il clima che ieri si respirava al Trivulzio: «Dopo tanti mesi vediamo la fine del tunnel, è come l'inizio di una nuova era. Nei giorni dei morti, degli attacchi mediatici, del sovraccarico di lavoro, del peso emotivo abbiamo potuto resistere solo perché siamo un gruppo». Quando l'automedica raggiunge il cortile e l'autista apre il bagagliaio consegnando la busta marrone, dal capannello parte l'applauso. Elisabetta Busà, la farmacista del Pat, firma il registro e la scatola termica può entrare. Un paio di selfie e foto ricordo, poi le fialette (da cui saranno ricavate 50 dosi) finiscono nella stanza della diluizione.

Il vaccino è già scongelato, quindi per conservarlo in questa fase è sufficiente una temperatura fra i 2 e gli 8 gradi. Ogni fiala viene capovolta dieci volte, il contenuto miscelato con la soluzione fisiologica, infine si aspira la dose da 0,3 ml con la siringa per l'iniezione. Nel primo pomeriggio si parte con la vaccinazione degli operatori. Tutti i somministratori hanno la scritta «V-Day» sulla tuta protettiva. «Il livello delle adesioni alla campagna vaccinale tra il personale? Non è definito, perché molti attendono la finestra raccomandata di 14 giorni dopo il vaccino anti influenzale - spiega Rossella Velleca, medico dell'Unità di coordinamento per la gestione dell'emergenza -. Considerato però che crca il 60 per cento ha voluto fare quel vaccino, siamo ottimisti anche sull'anti Covid». Per Frabrizio Pregliasco, supervisore al Pat per la pandemia, le adesioni tra i sanitari superano l'80 per cento. Alla fine della giornata i lavoratori vaccinati contro il Coronavirus saranno 38. I primi cinque sono il professor Marco Froldi, 65 anni, responsabile di Geriatria e Cure intermedie cardio-pneumologiche, la dottoressa Mariateresa Zocchi, consigliere dell'Ordine dei medici, una giovane infermiera, una Oss e un addetto al magazzino. «Più che emozionato sono contento che finalmente si cominci - sottolinea Froldi -. È una giornata storica. Spero che ci sia una alta partecipazione, credo che i dubbi nella popolazione siano dovuti alla novità del vaccino. Ma occorre ricordare che nella realizzazione del farmaco sono stati tagliati molti passaggi burocratici, non quelli scientifici».

Erica, infermiera di 25 anni, si commuove: «Lo faccio soprattutto per poter riabbracciare i miei genitori. Abitiamo vicini, ma da febbraio mi sono imposta di non incontrarli per proteggerli». Infine è il turno degli ospiti delle Rsa «Bezzi» e «Schiaffinati». I requisiti: sono ultra ottantenni (il più anziano ha 94 anni), hanno patologie complesse, non sono mai risultati positivi al tampone, sono lucidi e hanno dato il consenso. Il primo anziano degente vaccinato in Italia è Franco Brioschi, 88 anni, un tempo imbianchino e tappezziere. Si fa fare l'iniezione collegato in videochiamata con il fratello minore Roberto. «Lo sento tre volte al giorno - dice Franco -, non riesco a stare senza di lui. Sono contento del vaccino, così posso rivedere lui e i miei quattro nipoti». La prima donna è la sua coetanea Agnese. La signora Ines non ha dubbi: «Ho detto subito di sì al vaccino, non ascolto le chiacchiere che girano...

Dobbiamo farlo prima di tutto per noi stessi, i miei 89 anni me li sono goduti e voglio godermi anche quelli che mi restano».

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