La battaglia personale tra Donald Trump e l'ex capo della Cia John Brennan è arrivata al punto di non ritorno. Il presidente americano ha revocato all'ex consigliere di Barack Obama, apertamente critico del suo successore, il nulla osta per l'accesso alle informazioni riservate. Si tratta di un privilegio che consente agli ex capi della intelligence - salvo appunto revoca presidenziale, che rappresenta un atto di ostilità personale - di accedere a informazioni sensibili e riservate anche dopo il termine del loro mandato. La portavoce della Casa Bianca ha detto che Trump ha giustificato - in una dichiarazione - la sua decisione con «i rischi legati alla condotta e al comportamento irregolari di John Brennan, che ha una storia che mette in dubbio la sua obiettività e la sua credibilità». Brennan ha reagito denunciando un «abuso di potere» da parte del presidente, che a suo avviso è «animato dal desiderio di sopprimere la libertà di espressione e punire i critici».
In realtà, come lo stesso Trump ha esplicitato ieri, la misura contro Brennan è legata alla vicenda del Russiagate: Trump sostiene che l'ex capo dell'intelligence americana «ha guidato» l'inchiesta sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali da lui vinte a sorpresa nel 2016 e si è reso protagonista di «dichiarazioni deliranti».
Anche a questo Brennan reagisce con durezza: «Quando afferma che non ci sarebbe stata collusione tra la sua campagna elettorale e i russi, Trump dice solo fesserie», ha detto l'ex capo della Cia al New York Times. Nell'articolo Brennan denuncia le mosse di «un presidente disperato che cerca di zittire chi osa sfidarlo».
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