L'indice puntato scherzosamente verso Vladimir Putin e l'ingiunzione in tono ironico: «Non interferire nelle presidenziali del 2020». Quando Donald Trump incontra il presidente russo ci si deve sempre aspettare una sorpresa, solitamente sgradevole. Era già successo l'ultima volta a Helsinki nel luglio scorso, quando il leader degli Stati Uniti e (teoricamente) del mondo occidentale aveva fatto la figura dell'apprendista politico nei confronti di un esperto maestro come Putin. Stavolta, al G20 di Osaka, Trump si è limitato a una battuta di dubbio gusto e ad assicurare che la relazione col Cremlino «è molto, molto buona». Nell'imminente incontro privato, ha detto il tycoon («Non è affar vostro quel che ci diremo», ha detto sgarbatamente ai giornalisti), sarebbero stati trattati temi di grande importanza, inclusi disarmo e commercio, dato che comune obiettivo di Washington e Mosca è di recuperare un rapporto positivo «anche nell'interesse del mondo».
Putin ha ricambiato invitando Trump in Russia per il 9 maggio dell'anno prossimo, 75° anniversario della comune vittoria nella Seconda Guerra mondiale e definendo il presidente americano «un non professionista della politica, ma una persona di talento, che sa bene cosa vogliono da lui i suoi elettori». Parole che solo in parte stridono con la sua tirata contro il liberalismo fatta in un'intervista rilasciata al Financial Times alla vigilia del G20. Alla Bibbia dei liberali anglosassoni, Putin aveva riservato un distillato della sua ideologia nazional-tradizionalista, sostenendo che il liberalismo «non ha più niente da insegnare a nessuno nel mondo come ha preteso di fare per decenni, avendo esaurito la sua funzione storica» e sottolineando che in Europa molti hanno cominciato a ribellarsi a dogmi liberali come l'apertura dei confini ai migranti e il multiculturalismo. Non una parola, invece, sui tanti russi che cominciano a ribellarsi al suo autoritarismo, come ha dimostrato il recentissimo caso del giornalista Ivan Golunov.
Stridore solo parziale, dicevamo. Perché il Putin che tuona contro il liberalismo religione secolare degli Stati Uniti di cui Donald Trump è in teoria il gran sacerdote, in realtà condivide con il presidente americano vedute protezionistiche, la visione rigida dei confini e un certo disprezzo della stampa libera. Senza dimenticare che proprio il tono fatuo con cui Trump gli si è rivolto a proposito dell'oscura vicenda del Russiagate mette parecchio a disagio quanti sospettano che sarà anche vero che Trump non è «l'uomo del Cremlino alla Casa Bianca», ma certamente è quanto di più vicino ai propri interessi Putin potesse sperare di trovarci.
Mentre Donald e Vladimir tengono il loro incontro «intenso» (così è stato definito), l'attenzione degli osservatori al G20 giapponese resta puntata sull'incontro previsto per oggi tra lo stesso Trump e il presidente cinese Xi Jinping. In ballo c'è non solo l'evoluzione della guerra commerciale tra Washington e Pechino, ma i potenziali impatti dannosi sull'economia mondiale che deriverebbero da un esito fallimentare di questo faccia a faccia.
E nel frattempo la Ue e il blocco economico sudamericano chiamato Mercosur - che comprende Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay - hanno siglato un accordo commerciale dopo 20 anni di negoziati. Quasi un segno a Trump. Il mondo sta diventando davvero multipolare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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