Trump rompe la tradizione: zero animali alla Casa Bianca

È il primo presidente che li ignora in più di un secolo sfidando l'impopolarità. Ma c'è chi dice: meglio così...

Trump rompe la tradizione: zero animali alla Casa Bianca

Fu Franklin Delano Roosvelt, con i suoi rapidi e incisivi provvedimenti durante la Grande Depressione, a iniziare la tradizione dei 100 giorni, quella che misura, in questo lasso di tempo, le capacità di un nuovo Presidente degli Stati Uniti. Donald Trump ha festeggiato proprio ieri il suo centesimo giorno, come capo della nazione americana, dispensando più perplessità e dubbi che certezze. C'è una parte d'America ancora più perplessa dal comportamento dell'estroso presidente per una faccenduola che a noi potrebbe sembrare del tutto marginale, mentre, per gli anglosassoni, possiede il fascino e il potere delle tradizioni. Mister President Trump si avvia a essere il primo capo di stato americano, negli ultimi 130 anni, a non avere un animale da compagnia alla Casa Bianca. Come se non ci fosse un gatto a Downing Street, la residenza del primo ministro inglese. Impensabile. Tony Blair fu «massacrato» dall'opinione pubblica per avere sfrattato Humphrey, il gatto che visse 18 anni con Margaret Thatcher.

La maggior parte dei presidenti americani ha avuto, alla Casa Bianca, almeno un cane, alcuni più di uno. Molti ricorderanno la suspence che lasciò Obama quando dovette scegliere il suo: la scelta cadde poi sul Cao de Agua Portoghese perché ha una scarsa capacità di provocare allergie al pelo di cane, malattia di cui soffrivano Sasha e Malia, i figli di Michelle e Obama e alla fine diventarono due, Bo e Sunny.

Al White House Pet Museum si tramanda il fatto che i presidenti (pochissimi) che non hanno voluto animali alla Casa Bianca sono stati poco amati. In realtà voci di corridoio dicono che molti nello staff presidenziale spingano perché Trumpo porti un quattro zampe a Washington: «Gli farebbe bene alla salute e al salvadanaio dei voti», dicono i suoi consiglieri. Al contrario la potente Humane Society (Associazione per il benessere degli animali) avanza chiaramente il suo scetticismo dichiarando che Trump, con i suoi comportamenti controversi e un tantino nevrotici, sarebbe una minaccia per qualunque animale. D'altronde non è lui che si bea di farsi fotografare assieme ai trofei di caccia dei suoi figli Donald jr. e Eric? In effetti, appare un po' umoristica e fuori luogo, la scena di una donna stupenda ma un tantino algida, come la first lady Melania Trump, che corre sui pratini della Casa Bianca in tacco 12, seguita da un leale e fiero cane o da un gatto sornione (e da un marito in tenuta da jogging). D'altronde la Casa Bianca, in tema di animali ne ha visti di tutti i colori. Serpenti, capre, zebre, iene, leoni, addirittura un elefante donato a James Buchanan dal re del Siam. Non parliamo di cani, gatti e cavalli di cui si sono circondati presidenti che li hanno amati sinceramente, a partire dall'adorato Abraham Lincoln che lasciò nella sua casa natia il cane più amato perché non patisse i viaggi a Whashington e il rumore dei cannoni sparati nelle parate. Quando Lindon B. Johnson si azzardò a tirare su per le orecchie il suo Beagle in televisione, ricevette più ingiurie di quando diede inizio alla guerra in Vietnam.

Prima o poi comunque un animale arriverà alla corte di Trump, se non altro per contrastare la frequente immagine di Putin che si fa fotografare in mezzo ai cani. Gli psicologi si chiedono quale sarà e le analisi puntano sul furetto. Lo sguardo, in effetti, un po' ce l'ha. Vedremo.

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