Trump, vertice con i Paesi del Golfo. Sponda per la pace in Medioriente

Il presidente starebbe preparando l'evento con il principe Bin Salman. Tra i temi caldi la crisi tra Israele e Palestina, il dossier Iran

Trump, vertice con i Paesi del Golfo. Sponda per la pace in Medioriente
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Mancano nove giorni al viaggio di Donald Trump in Arabia saudita, prima visita programmata all'estero del presidente americano dopo il fuori-programma dei funerali di Papa Francesco a Roma. La meta non è casuale, considerato che anche nel 2017 il leader statunitense scelse Riad per il suo primo viaggio fuori dai confini nazionali. Un modo - ieri come oggi - per sottolineare l'amicizia con il regime saudita e spingere gli investimenti del Regno verso gli Usa. Un viaggio cruciale anche per affrontare la questione mediorientale, dopo la guerra esplosa tra Hamas e Israele, secondo molti proprio per fermare la prevista normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Stato ebraico tramite gli accordi di Abramo. Un avvicinamento che Trump tornerà a cercare, consapevole di quanto le chance siano scarse adesso. Riad preme per uno Stato palestinese e Israele è assolutamente contrario, ma il leader Usa tenterà di promuovere nuove forme di cooperazione indirettamente tramite i Paesi arabi.

Le questioni da trattare sono dunque tante e complesse, incluso il tema caldissimo del nucleare iraniano, sul quale Washington ha avviato colloqui indiretti con Teheran. Secondo indiscrezioni, Trump - che arriverà a Riad il 13 - ha in programma di tenere già il 14 un vertice con i leader dei Paesi del Golfo. Tra gli invitati del principe Bin Salman ci sarebbero i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo : Emirati arabi uniti, Bahrein, Kuwait, Oman e Qatar, questi ultimi due protagonisti della mediazione sul nucleare iraniano il primo e su Gaza il secondo.

A proposito di Iran, il Washington Post ha svelato nelle scorse ore che il dossier Teheran, oltre alla scandalo chatgate, ha contribuito al siluramento del consigliere per la Sicurezza nazionale Tim Waltz, ora nominato ambasciatore Usa all'Onu. La sua rimozione non sarebbe dunque solo frutto dell'invito per errore al direttore della testata di The Atlantic, che ha avuto così accesso a informazioni riservate come le conversazioni sui piani di guerra contro gli Houthi. Di mezzo ci sarebbe anche la linea dura che Waltz avrebbe voluto intraprendere contro Teheran, una linea interventista contro l'Iran. Secondo fonti del quotidiano Usa, Waltz si sarebbe impegnato in un intenso coordinamento con Benjamin Netanyahu sulle opzioni militari contro Teheran, in vista dell'incontro allo Studio Ovale tra il premier israeliano e il leader Usa. «Voleva portare la politica statunitense in una direzione che non piaceva a Trump», ostinato invece a voler trovare una soluzione diplomatica. Netanyahu ha smentito con una nota ufficiale «contatti intensi» con Waltz e ha parlato solamente di «un incontro cordiale» con l'ex consigliere per la Sicurezza e con l'inviato Usa Steve Witkoff a febbraio. Ma il Wp spiega che anche dal dossier Iran è scaturita l'irritazione del presidente per Waltz che, sommata all'insofferenza su altri dossier, ha portato allo spostamento del consigliere verso un incarico molto meno prestigioso.

Un ruolo che potrebbe adesso essere assunto da Stephen Miller, oggi vice capo di gabinetto della Casa Bianc, uno degli assistenti più longevi e fidati del presidente e artefice della controversa repressione dell'immigrazione da parte dell'amministrazione Trump.

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