"La tv può spostare voti ma non cambierà l'esito: il centrodestra ha già vinto"

Il docente della Luiss: "Trend chiaro; l'astensione toccherà il 40%, ma solo il 10% è contendibile"

"La tv può spostare voti ma non cambierà l'esito: il centrodestra ha già vinto"

Conta il punto d'arrivo, certo, ma conta tanto anche il punto di partenza. «Ecco, la coalizione di centrodestra - spiega Giovanni Orsina, storico e direttore della School of government della Luiss - parte quindici punti avanti».

Professore, questo cosa vuol dire?

«Vuol dire che la destra se non commette errori gravi ha già vinto. Certo, tutto può succedere, per carità, ma il trend è chiaro».

Siamo in estate: campagna balneare?

«Si, almeno in agosto, e aggiungo campagna breve».

Ci saranno colpi di scena?

«Posso azzardare un paragone calcistico?»

Ci mancherebbe.

«Se vinci tre a zero e il campo è pesante, meglio per te. Da un certo punto di vista, meno parli, meno fai promesse mirabolanti e stai sul tuo, meglio è. Hai già dalla tua parte la maggioranza dell'elettorato».

Chissà cosa pensa la gente sotto l'ombrellone.

«Guardi, i sondaggisti sono concordi: il mese di agosto non ha spostato un voto. Sono rimasti tutti dove erano».

Che carte deve giocare Letta?

«Mi pare che tutto l'armamentario tradizionale che fa riferimento alla paura del fascismo e all'Europa che non si fida dei sovranisti, sia stato saccheggiato con scarsi risultati».

Meglio puntare altrove?

«Magari le polemiche sul passato che non passa sono servite per motivare l'elettorato di sinistra, insomma il bacino tradizionale del Pd, ma per andare oltre, impresa difficilissima, anzi direi quasi impossibile, ci vuole ben altro».

Si deve parlare di tasse? Energia e caro prezzi? La guerra?

«Non credo onestamente che Letta possa tirare fuori all'improvviso, magari a settembre, armi segrete in grado di ribaltare le previsioni o almeno di ridurre in modo significativo il distacco».

Le polemiche sul video dello stupro?

«Ecco, forse la Meloni che si proclama moderata, avrebbe fatto bene a non pubblicare quel documento drammatico. Ecco, meglio un'azione in meno, non avrei questa ansia continua da risultato. La corsa è velocissima, gli italiani in costume, i consensi si spostano poco e a fatica».

Ma non c'è un'area assai estesa di indecisi?

«Si, a spanne il 40 per cento. Ma non è una sorpresa».

E perché?

«Perché ad ogni elezione il numero di quelli che vanno ai seggi si assottiglia. Si scende di 2 o 3 punti ad ogni tornata, si può pensare che passeremo dal 73% del 2018 al 70% circa».

Quindi la gran parte di questo 40 per cento è orientata verso l'astensione?

«Esatto. La parte contendibile, diciamo così, non supera il 10 per cento».

La battaglia di settembre si concentrerà su quel 10 per cento?

«Direi di si, a costo di sintetizzare brutalmente la situazione».

Quegli elettori sceglieranno col telecomando in mano?

«In effetti la tv potrebbe spostare qualche punto percentuale. Motivare in un senso o nell'altro una porzione degli incerti. Ma entro certi limiti e poi bisogna vedere cosa vedremo, mi scusi il bisticcio, sullo schermo: un duello all'americana Letta Meloni può avere un certo impatto, altra cosa sarà assistere ad un confronto multiplo, fra quattro o cinque leader».

Insomma, per paradosso, quasi metà dell'elettorato non ha ancora scelto, ma i giochi sono già fatti?

«Nessuno ha la sfera di cristallo, ma la tendenza mi pare questa. I cittadini vogliono leader dal profilo netto, non amano i percorsi ondivaghi».

Scusi, a chi si riferisce?

«Mi sembra che Letta, nel tentativo di guadagnare voti, si sia spostato a destra, poi a sinistra, poi un po' di qua e di là.

È dura tenere insieme Cottarelli e Fratoianni, chi è per la Nato e chi è contro. Semmai questa fluidità apre spazi a sinistra per i 5 Stelle che potrebbero avere un risultato discreto, nel contesto attuale, sopra la soglia del 10 per cento».

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