Sentire Donald Trump proclamare che solo lui può evitare la terza guerra mondiale fa girare la testa e se può passare il linguaggio non solo quella. Perché se c'è un uomo politico sulla Terra in grado di avvicinarla, quello è proprio lui, l'ex presidente più autocratico e filorusso della storia degli Stati Uniti d'America.
Quando promette di «fermare la guerra in Ucraina in un giorno», quando osserva che sotto la sua presidenza «la Russia non aveva conquistato nessuno Stato», Trump confonde le acque. Intanto perché mai come sotto la sua presidenza la Nato è stata tanto indebolita e le relazioni transatlantiche guastate (e per opera della Casa Bianca!). E poi perché lui non pensa che la guerra debba finire alle condizioni dell'Occidente inteso come comunità di valori atlantica, quindi recuperando i territori ucraini strappati illegalmente dai russi e facendo pagare a Putin il prezzo dei suoi crimini di guerra (che sono enormi). Pensa invece alla sua visione degli interessi dei soli Stati Uniti, che è di natura isolazionista: via dalla «inutile guerra in Europa», e che l'Ucraina e gli alleati si arrangino, o al massimo si adeguino alle regole trumpiane, ovvero pagare sull'unghia per essere aiutati a difendersi se e quando il presidente filorusso ne avrà voglia. Praticamente, il sogno di Putin.
Parlare di presidente filorusso non è un'esagerazione. Donald Trump è stato agganciato da personaggi variamente legati al Kgb già in epoca tardo-sovietica a partire dal 1987; e negli anni successivi, quando rischiava la bancarotta, ha goduto di finanziamenti russi quantomeno opachi. E se prove dirette di interventi di Mosca per favorirne l'elezione nel 2016 non sono state riscontrate, è un fatto che i principali collaboratori di Vladimir Putin abbiano apertamente esultato quando fu eletto. Putin e Trump disse in particolare l'attuale portavoce del Cremlino Dmitry Peshkov - «hanno enunciato gli stessi principii di politica estera, e questo è incredibile. È fenomenale quanto siano vicini l'uno all'altro in fatto di approccio concettuale alla politica estera».
Tutto questo non significa che Trump sia una pedina nelle mani di Putin. La questione è più complessa. Ma è certo che quando dice «Make America great again», Trump pensa a un'America isolata in una sorta di fortezza inespugnabile, lontana dalle altrui miserie e dai «disvalori europei» sui quali ha vedute ultraconservatrici molto vicine a quelle putiniane. Quanto all'Ucraina, per evidenziare le sue priorità basti ricordare che quando Putin mise le mani sulle «repubbliche» di Donetsk e Luhansk egli plaudì alla «genialità» del leader russo che aveva mandato le sue truppe all'estero senza colpo ferire: Trump pensava di replicare lo schema in Messico, a fini elettorali di piccolo cabotaggio focalizzati sui problemi migratori in Texas. Tale, purtroppo, è la portata della sua «visione».
Basse finalità elettorali stanno anche alla base dell'altra rodomontata che «Donald 2 il Ritorno» ha promesso ai suoi ammiratori: quella di azzerare nel giro di quattro anni l'import di merci dalla Cina. Un'idea brillante, non c'è che dire. Scatenare una guerra commerciale con Pechino potrà anche procurargli la gratitudine di elettori americani delle classi medio-basse che recupereranno posti di lavoro, ma avrà poi l'ovvio effetto, chiudendo gli spazi al dialogo, di cementare al massimo l'asse russo-cinese anti occidentale che dice di voler contenere.
Con Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca, la guerra mondiale sarà più vicina che mai per due ragioni che solo lui non vede: da una parte agevolerà le mene imperiali di Putin in Europa (non solo orientale: dalle nostre parti questo sfugge a troppi), dall'altra darà al fronte delle dittature antiliberali ottime ragioni per serrare i ranghi e combattere letteralmente, ahinoi - per la loro sopravvivenza.
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