Milano «Un'azione di stile militare, preordinata e avvenuta a distanza dallo stadio Meazza, tendendo un agguato ai tifosi della squadra opposta». E non «un normale scontro tra gruppi di tifosi». È il gip di Milano Guido Salvini, nell'ordinanza con cui convalida l'arresto dei tre ultras interisti finiti a San Vittore e dispone per loro la custodia cautelare in carcere, a definire in modo chiaro i contorni della battaglia di via Novara. Oltre ad avvertire che «quanto avvenuto a Milano ha avuto grande risonanza ed è quindi idoneo a scatenare azioni simili e anche episodi di rappresaglia».
Negli scontri della sera di Santo Stefano poco prima di Inter-Napoli tra supporter nerazzurri e partenopei, nati dall'agguato teso dai primi ai secondi, è stato investito e ucciso il 39enne Davide Belardinelli e almeno quattro napoletani sono rimasti feriti. Un vero «combattimento», come l'hanno definito i pm, dalle conseguenze tragiche. In carcere rimangono i nerazzurri Francesco Baj, Luca Da Ros e Simone Tira. Baj e Tira fanno parte degli «Irriducibili» (Baj anche del gruppo di estrema destra «Lealtà e azione»), Da Ros dei «Boys». Sono accusati di rissa aggravata, lesioni e lancio di materiale pericoloso. Sono stati ripresi in via Novara armati di bastoni e hanno comunque ammesso di aver partecipato agli scontri. I loro legali, gli avvocati Fabio Tucci e Antonio Radaelli, hanno chiesto senza successo i domiciliari. Ma le indagini vanno avanti per individuare gli altri partecipanti alla guerriglia. Un centinaio di interisti, affiancati da 10-15 tifosi del Varese e del Nizza, e un gruppo di ultras partenopei. E per dare un nome agli organizzatori del blitz. Uno dei tre arrestati, l'unico ad aver risposto alle domande del gip, ha indicato Marco Piovella, uno dei leader della curva interista. Quest'ultimo si è presentato in Questura accompagnato dal legale, l'avvocato Mirko Perlino. Ha confermato di aver preso parte alla lotta, non di averla diretta. È indagato. A proposito delle ricerche degli altri responsabili Salvini ammonisce: «In gruppi di tal genere» si fa di tutto per «tutelare» i componenti e i capi. Per questo si tenta in ogni modo di «far mantenere alle persone già individuate il silenzio». Nonostante ciò durante gli interrogatori sono stati acquisiti «importanti elementi» relativi all'identità dei promotori dell'azione violenta.
Per il magistrato, la sera del 26 dicembre non c'è stata una semplice rissa. Ma si sono verificati fatti «espressione tra le più brutali di una sottocultura sportiva di banda che richiama piuttosto, per la tecnica usata, uno scontro tra opposte fazioni politiche». La dinamica, scrive Salvini, è ormai «pienamente ricostruita». Ecco i passaggi chiave. Intorno alle 19,25 gli interisti, «con il volto quasi tutti coperto e armati di bastoni, spranghe e altri strumenti atti a offendere», arrivando da via Fratelli Zoia irrompono in via Novara (una strada che porta a San Siro) mentre stanno passando una decina di furgoni e auto con a bordo gli ultras napoletani. La colonna viene bersagliata dal lancio di oggetti, fumogeni e petardi. I tifosi in trasferta, armati di aste e cinture, scendono dai veicoli e c'è lo scontro fisico. Precisa e militaresca la preparazione dell'agguato, «perfettamente organizzato». I membri di Irriducibili, Boys e Viking si erano dati appuntamento al Baretto, ritrovo abituale vicino allo stadio. Poi si erano spostati al pub Cartoons di via Emanuele Filiberto. Qui i «livelli superiori delle organizzazioni che controllano la curva» nerazzurra avevano dato gli ordini. Arrivati nel parchetto del Fanciullo, gli assalitori hanno trovato «pronti in un sacco i bastoni da usare», si sono appostati lungo il muraglione all'angolo tra via Fratelli Zoia e via Novara e al segnale convenuto hanno attaccato.
«Purtroppo - conclude il gip - nessuno degli attuali indagati sembra aver assistito direttamente al momento in cui Belardinelli» è stato travolto da un'auto, forse un suv, che sorpassava a sinistra la colonna dei furgoncini napoletani. La morte del tifoso di Varese in ogni caso «è una conseguenza della rissa», indipendentemente dalle circostanze che l'hanno causata.
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