Quirinale 2015

Gli Usa vogliono Amato. La Merkel spinge Casini

Anche le lobby di potere straniere "mettono becco" nella scelta del nostro Presidente della Repubblica

Gli Usa vogliono Amato. La Merkel spinge Casini

Roma - Per vincere a Risiko conta conquistare anche la Jacuzia e l'Ontario. Per vincere quel particolare Risiko che è la corsa al Quirinale, invece, meglio puntare su Bruxelles, Berlino o Washington.

Il conto alla rovescia è giunto al meno cinque. Le manovre per traghettare il proprio candidato alla presidenza della Repubblica sono in pieno svolgimento, tra mister X, nomi talmente caldi che rischiano di bruciarsi, finti tonti e quelli che si chiamano fuori. Ieri, per dire, si sono sfilati Antonio Martino («Se fossi eletto mi dimetterei subito») e Massimo D'Alema («Non sono in corsa»). E giocare la loro partita ci sono anche le segreterie straniere, che senza dar troppo a vedere stanno sponsorizzando i loro candidati ideali. È la globalizzazione, bellezza.

Prendete Giuliano Amato , tra i più quotati nel totonomi della Quirinaleide. Di lui si dice che sarebbe la figura perfetta per mettere d'accordo i leader del Nazareno, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Di certo il dottor Sottile ha un suo fan club alla Casa Bianca. Di recente in un'intervista l'ambasciatore Usa a Roma, John Phillips, ha tracciato un identikit del presidente più gradito a Washington: esperto, autonomo, autorevole, non legato ai partiti, non troppo giovane, capace di tener testa al premier. Tra tutti, Amato è probabilmente quello che possiede il maggior numero di questi skills . Non solo: Amato, che alla Columbia University di New York insegna e ha conseguito un master in Diritto Comparato; che presiede il Centro studi americani di Roma; che l'America la studia e l'ammira; che di Barack Obama è un fan della prima ora, ha un altro forte legame con gli States : è la presidenza onoraria di Aspen Institute, la costola italiana dell'associazione privata nata in America negli anni Cinquanta e finanziata dalle multinazionali che ha lo scopo di «incoraggiare» le leadership illuminate. Una lobby superpotente anche se rivestita di boiserie .

Di certo a Washington non vogliono che al Quirinale salga un altro dei sempreverdi: quel Romano Prodi su cui pesa un passato un po' troppo «de sinistra» ma soprattutto un presente terzomondista. Il Professore negli ultimi anni ha presieduto il gruppo di lavoro Onu sulle missioni di peacekeeping in Africa, è stato inviato speciale del segretario generale dell'Onu per il Sahel e fondatore della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli. Ma soprattutto la pregiudiziale è legata alla forte amicizia che lega Prodi a Vladimir Putin. I due si incontrano spesso, il leader russo tiene molto al parere dell'ex premier italiano sulle questioni internazionali. Si profila un derby da Guerra Fredda per il Quirinale?

E poi c'è l'Europa. Quella delle istituzioni finanziarie ha i suoi cocchi. Il top sarebbe Mario Draghi , che ha l' endorsement del commissario Jean-Claude Juncker, secondo cui il presidente della Bce sarebbe l'unico in grado di rintuzzare Matteo Renzi qualora questi tornasse a criticare il rigore degli euroburocrati. Ma Draghi si è detto indisponibile, lo stesso Renzi ritiene che difenda meglio gli interessi dell'Italia a Bruxelles. In attesa di capire se di tattica o di vera abdicazione preventiva si tratta, l'Ue studia il piano B e punta tutte le fiches su Ignazio Visco , governatore di Bankitalia, considerato decisamente euro-affidabile.

E potrebbe forse mancare un'ideuzza da parte di Angela Merkel per un presidente italiano che non crei alcun problema a Berlino? La Cancelliera il suo nome ce l'ha: Pier Ferdinando Casini . Un uomo che risponde ai seguenti requisiti: non di sinistra, centrista, eurocompatibile, tutt'altro che avventurista.

C'è chi dice ja .

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