Coronavirus

Vaccino anglo-italiano, ok Ue. In autunno via alle prime dosi

Il ministro Speranza ha firmato l'accordo. Il risultato è frutto della collaborazione tra Oxford e Pomezia

Vaccino anglo-italiano, ok Ue. In autunno via alle prime dosi

Sarà la prima buona notizia di un anno da dimenticare: entro l'autunno del 2020 in Italia arriveranno le prime dosi del vaccino anglo-italiano contro il coronavirus, quello di Oxford e Pomezia, tanto per intenderci.

Il ministro della Salute Roberto Speranza, lo ha annunciato ieri: «Insieme ai ministri della Salute di Germania, Francia e Olanda, dopo aver lanciato nei giorni scorsi l'alleanza per il vaccino, ho sottoscritto un contratto con AstraZeneca per l'approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi di vaccino da destinare a tutta la popolazione europea». Ma serve cautela. «Stiamo parlando del vaccino più promettente, non c'è certezza assoluta aggiunge - Il vaccino nasce nei laboratori di Londra, nell'università di Oxford.

La notizia per noi rilevante è che dentro questa partita di produzione e distribuzione del vaccino l'Italia è protagonista non solo perché siamo firmatari del primo contratto in questo pezzo di mondo ma anche perché c'è una ricaduta su Pomezia, su Irbm che è una realtà italiana. Nella ricerca del vaccino l'Italia si mette in testa», ha concluso con un guizzo di orgoglio italico che, in questo caso, non guasta proprio. In effetti, su 136 vaccini in sperimentazione, quello targato Oxford è in fase più avanzata. E per il momento funziona. I 510 volontari che hanno ricevuto ad aprile il vaccino stanno benone e nessuno di loro ha finora presentato alcuna reazione. Ora si aspettano i risultati della fase II/III per cui sono state arruolate 10mila persone dove verranno studiati gli effetti sul sistema immunitario umano del vaccino, che nelle scimmie sembra aver dato buoni risultati, offrendo protezione contro Covid.

Le sperimentazioni sono già partite: a fine maggio In Inghilterra, i primi di giugno in Brasile. E a settembre, se i test saranno positivi, si passerà alla distribuzione su larga scala. L'amministratore delegato di AstraZeneca, Pascal Soriot, ha già annunciato che la sua azienda intende lanciare e fornire fino a 100 milioni di dosi entro la fine dell'anno, dando priorità al Regno Unito per poi estenderlo ad altri Paesi.

Ma se l'Inghilterra si gestisce l'acquisto delle dosi in autonomia, in Europa, l'Italia dovrebbe essere tra i primi candidati all'acquisto, visto l'apporto rilevante sull'ideazione del vaccino. Per la sua creazione, infatti, la Oxford University si è rivolta alla Irbm, specializzata in biotecnologia molecolare, per la sua profonda esperienza acquisita con l'adenovirus, un influenzale che è stato depotenziato per trasportare il gene Spike sintetizzato del SarsCov2 nell'organismo umano. In pratica, quando l'adenovirus «trasportatore» entra nell'organismo, quest'ultimo reagisce e crea anticorpi.

Una partnership vincente, quella anglo-italiana, i cui frutti potrebbero essere raccolti dall'intera nazione. Ne è convinto anche il presidente e amministratore delegato della Irbm, Piero Di Lorenzo: «Penso che il nostro ruolo in questo progetto avrà un suo peso spiega anche nella distribuzione che avverrà molto presto. La quantità non è ancora stata stabilità, ma le dosi cominceranno ad arrivare in autunno, proseguiranno in inverno e mano a mano si andrà avanti».

L'azienda produttrice sembra una garanzia. «AstraZeneca è una macchina da guerra racconta Di Lorenzo è leader sia dal punto finanziario sia organizzativo ed è in grado di muoversi con disinvoltura in campo internazionale. Terrà fede agli impegni assunti? Io ne sono matematicamente certo». C'è da risolvere l'aspetto clinico.

E se questo vaccino non superasse la fase di sperimentazione che coinvolge i grandi numeri? «Io aspetto con le dita incrociate la fine dei test: nella scienza di sicuro non c'è nulla fino a che un prodotto non viene validato».

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