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Valeria, lo strazio del fidanzato «È morta fra le mie braccia»

L'ha tenuta stretta a sé, fino all'ultimo. Il sangue che scorreva per le ferite, gravissime, che l'hanno fatta lentamente scivolare verso la fine. «Per due ore mi sono finto morto e sono stato abbracciato a lei». Due ore infinite. Due ore che segnano lo spartiacque tra una serata in musica e libertà nel cuore di Parigi e la morte per mano dei terroristi del cosiddetto Stato islamico nella sala concerti del Bataclan. È Andrea Ravagnani, fidanzato di Valeria Solesin, unica vittima italiana degli attentati del 13 novembre a Parigi, ad affidare ai Carabinieri di Venezia il racconto crudo e doloroso di due vite che si separano per sempre. Andrea sopravvive alla mattanza, insieme con la sorella Chiara e il fidanzato di lei. Valeria, 28 anni, muore a causa delle prime raffiche di mitra esplose dai jihadisti, che al Bataclan hanno fatto 89 morti. «I terroristi passavano tra i feriti per dare il colpo di grazia alle vittime», spiega Andrea. Ecco perché lui, mentre stringeva la fidanzata fra le braccia, si fingeva morto. Eppure almeno quest'ultimo fotogramma dell'orrore è stato risparmiato alla giovane ricercatrice. Valeria sarebbe morta per un colpo sparato dall'alto verso il basso, forse dal palco da cui gli stragisti hanno sparato alle centinaia di giovani in sala, un colpo che l'ha raggiunta al viso. Secondo indiscrezioni della stampa veneta sull'autopsia, il proiettile le ha attraversato la schiena e perforato il polmone sinistro. La separazione di Valeria da Andrea - a differenza di quanto emerso in un primo momento, quando si era creduto che gli amici e il fidanzato avessero perso di vista la giovane - è arrivata quando nel teatro sono intervenute le teste di cuoio e arrivati i primi soccorsi. Il tempo trascorso in mezzo, racconta Andrea agli inquirenti, «è stato interminabile».Ora non resta che rimettere insieme i cocci di un'esistenza che inevitabilmente sarà spezzata in due da un prima e da un dopo. Valeria lavorava da quattro anni come ricercatrice e dottoranda all'Istituto di Demografia dell'Università Paris 1, la Sorbona. Dopo il ricordo di lei nel «tempio» del sapere francese, ora è Venezia che vuole portarla nel cuore come simbolo di una gioventù impegnata che ha in Europa la sua casa. Ieri mattina si è aperta la camera ardente nella sede del Comune di Venezia, dopo l'arrivo della salma all'aeroporto Marco Polo, su un volo di Stato. Domani i funerali, in piazza San Marco, ai quali parteciperà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente della Camera Laura Boldrini e forse anche il premier Matteo Renzi, mentre sono già centinaia le persone che ieri hanno reso omaggio alla ragazza.«Vogliamo testimoniare un impegno nel senso della solidarietà, del coraggio, della voglia di andare avanti migliorando noi stessi e il mondo che ci circonda, una cosa che mia figlia aveva molto presente» ha spiegato Alberto Solesin, il padre di Valeria. «Parigi non è una città facile per ambientarsi, ci vuole del tempo - ha aggiunto -. Lei aveva trovato il suo posto, con un gruppo bello di ragazzi di tante nazionalità. Aveva ben presente e molto alto il senso della giustizia». Gli fa eco Stefano Fassina, esponente de La Sinistra italiana (nata da Sel ed ex Pd), ieri a Venezia per l'omaggio a «una ragazza che ha rappresentato la meglio gioventù italiana ed europea». Quanto ai funerali, ci pensa il padre a spiegare il senso di un saluto inclusivo: «Sarà una cerimonia civile. Una benedizione a me va benissimo, ma se un imam vuole esprimersi va bene lo stesso, perché parlare di gente di ogni credo significa credere in valori che non sono divisivi».

Quanto ai suoi sentimenti: «Non sono una persona capace di odiare».

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