Salire sul carro del vincitore è uno sport molto popolare in tutto il mondo: quando arriva un nuovo treno diretto alla stazione centrale del potere, sono in molti a sgomitare per trovar posto a bordo, con tanti saluti alla dignità che passa in secondo piano. La Francia evidentemente non fa eccezione, e dopo l'elezione alla presidenza dell'outsider Emmanuel Macron assistiamo al «riposizionamento» di quanti sperano di restare nella stanza dei bottoni abbandonando vecchie navi sul punto di inabissarsi.
Il caso più clamoroso della giornata riguarda un altro Emanuele: Manuel Valls. L'ex premier socialista imita a modo suo il nuovo inquilino dell'Eliseo, che appena un anno fa lasciò il governo del traballante presidente Hollande per fondare un suo partito personale e partire verso nuovi lidi politici. In vista delle imminenti legislative (due turni l'11 e il 18 giugno prossimi) lo scenario politico francese è in piena e rapida ridefinizione, con i partiti dominatori per decenni della scena in piena crisi e i nuovi movimenti che stanno prendendo il loro posto ancora «assaltabili».
Valls ha capito che non era più tempo di indugiare: ha assestato un colpo basso alla sua vecchia casa socialista e si è offerto al neopresidente Macron come candidato al Parlamento nel suo partito «En Marche!», che nel frattempo ha già provveduto a ribattezzarsi pomposamente «La République en Marche».
«I vecchi partiti stanno morendo o sono morti», ha annunciato con cinismo Valls, che chiaramente pensava al disastroso risultato ottenuto dal candidato socialista all'Eliseo Benoît Hamon e agli ancor più disastrosi sondaggi della ex corazzata Psf per le legislative. «Oggi è essenziale dare una maggioranza ampia e coerente a Emmanuel Macron affinché possa governare», ha aggiunto l'ambizioso ex premier che ha assicurato che le ragioni della sua disponibilità sono ideali e patriottiche: «Poiché sono un repubblicano, sono un uomo di sinistra, resto socialista, e non rinnego trent'anni di impegno nella vita politica, ma poiché so che è difficile governare la Francia voglio il successo di Emmanuel Macron». E siccome «condivido la maggior parte del programma» del fresco vincitore, il gioco è fatto: «Mi candiderò con la maggioranza presidenziale».
La dirigenza della «Repubblica in marcia» è parsa presa di sorpresa, e la prima reazione è stata freddina: «Non è stato ancora investito dalla Commissione nazionale per le candidature o almeno non mi risulta - ha detto con ironia un portavoce di Macron -. La procedura è uguale per tutti, compreso un ex primo ministro». Ma dopo un po', resisi conto di aver forse esagerato, i vertici del partito del presidente hanno addolcito i toni: la candidatura è diventata «probabile» ed è stato sottolineato che il fatto che «progressisti dell'importanza di Manuel Valls vogliano unirsi a noi è una buona notizia».
Stizzite le reazioni dei vertici socialisti. Il segretario del Psf Jean-Christophe Cambadélis ha escluso che Valls possa conservare la tessera socialista e candidarsi con Macron. Ma la frana è ormai in movimento e pare inarrestabile. Solo ieri il braccio destro di Macron, Richard Ferrand, ha annunciato l'addio ai socialisti di cui era ancora esponente. E François Baroin, senatore gollista e aspirante primo ministro di coabitazione con Macron, ha definito «marginali» le «tentazioni di fuga» dal suo partito.
Ma il gran ballo è appena cominciato, e in questo contesto trasformistico la cosa più comica è il video appena spuntato (risale al febbraio scorso) in cui Macron accusa Valls di aver «tradito Hollande»: quanto a cinismo, così sembra, è una bella gara tra gli eroi della nuova generazione politica francese.
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