Vaticano

Veleni in Vaticano: "Bustarelle ai partiti"

La denuncia: "Mezzo milione in contanti". Chiesti danni per 9 milioni

Veleni in Vaticano: "Bustarelle ai partiti"

Una nuova bomba pronta a esplodere e nuovi veleni in Vaticano. L'ex revisore generale dei conti, Libero Milone e il suo principale collaboratore, Ferruccio Panicco, entrambi defenestrati nel giugno 2017, fanno causa al Vaticano, chiedendo 9 milioni e 278mila, contestando le ragioni per cui furono costretti alle dimissioni (aver fatto «spiare» autorità di governo vaticane). Vogliono non solo chiarire quanto è accaduto, ma far accertare l'invalidità delle dimissioni estorte e far condannare la Segreteria di Stato a pagare quello che sarebbe stato il compenso pattuito fino all'esaurimento del loro incarico, oltre al risarcimento per il danno alla loro immagine.

Panicco, inoltre, «ha subito un gravissimo, quanto odiosamente gratuito, danno alla salute», poiché «una delicata documentazione medica strettamente personale, quale paziente potenzialmente oncologico», è sparita all'atto della perquisizione del suo ufficio e da lui mai più rinvenuta. «Statisticamente non ho speranze di guarigione - dice Panicco -. Penso che il Vaticano sia colpevole, non dolosamente, di avermi condannato a morte senza motivo dopo una lenta e significativa sofferenza. Mi hanno tolto dai 10 ai 15 anni di vita». Milone ricollega la sua cacciata a un ordine impartito dal cardinale Angelo Becciu, che - tramite i suoi legali - si difende. «Si tratta di ricostruzioni completamente infondate - spiegano gli avvocati -. Il cardinale ha chiarito che si limitò esclusivamente ad eseguire un ordine del Santo Padre, il quale lo informò direttamente che il dottor Milone non godeva più della Sua fiducia».

Ma l'ex revisore torna alla carica e informa di avere allegato alla citazione civile una serie di casi «di mancanza di rispetto delle regole», convinto che il suo siluramento sia legato al «groviglio di interessi e di assetti di potere nel quale l'Ufficio era chiamato a mettere le mani». Tra i principali, la scoperta di un presunto occultamento di fondi da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, con 250 mila euro che sarebbero stati versati in un conto Ior, non del Dicastero bensì dell'allora prefetto. «Poi in Vaticano giravano buste con denaro contante - spiega - nell'ufficio di un cardinale ne abbiamo trovata una di plastica, con mazzette di banconote per 500mila euro. Al Bambin Gesù abbiamo analizzato le donazioni della vecchia gestione, fino al 2015, e verificato che 500mila euro destinati alla Fondazione erano poi finiti, attraverso società di dipendenti, a finanziare partiti politici per le elezioni del 2013».

Ci sarebbero poi, secondo Milone, distrazioni di fondi da parte del Pontificio Consiglio per la Famiglia, conflitti di interesse e l'acquisto del prestigioso immobile a Londra.

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