La "vera" Biancaneve? Era una baronessa cieca

A Bamberg una lapide ricorda la nobildonna bavarese che si pensa ispirò i fratelli Grimm

La "vera" Biancaneve? Era una baronessa cieca

Una fervida immaginazione, spesso, necessita di ispirazione. Non viviamo nelle favole, ma a volte esiste una qualche verità alla base di una fantasia. E ci sono tante leggende, come quella secondo cui il cartoonist Segar, per il suo Popeye, si sarebbe ispirato a Frank «Rocky» Fiegel, un barman suo concittadino. Nel 1996, sulla tomba di «Rocky» è stata posta una lapide che ricorda Braccio di Ferro, the sailor man. E si ritiene anche che la storia de La Bella e la Bestia, di Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, pubblicata nel 1740, si sia probabilmente ispirata alle vere vite di Petrus Gonsalvus, un nobile spagnolo con ipertricosi, e della sua sposa Catherine. La storia di Cenerentola ricorda la fiaba di Rhodopis, raccontata da Strabone. Raperonzolo assomiglia a Santa Barbara, rinchiusa nella torre. Pocahontas, invece, nata attorno al 1596, si chiamava Matoaka. Ma la sua esistenza, a differenza della storia, è stata tragica: a 17 anni fu fatta prigioniera dai colonialisti inglesi, fu tenuta in ostaggio per più di un anno, dovette sposare John Smith e morì giovane. Ma che dire di Biancaneve? Una matrigna cattiva che vuole uccidere una ragazza per gelosia, uno specchio magico, i sette nani che lavorano in una miniera, una mela avvelenata, il principe che trova la bella principessa e la bacia: sì, perché si dice che anche la storia dello specchio più famoso del mondo sia stata ispirata da una donna in carne e ossa. Ma come a Pocahontas, anche alla vera Biancaneve la vita ha regalato un amaro destino. Baronessa, non principessa, Biancaneve si chiamava Sophia. Cieca già da giovane, morì a 71 anni in un convento. Veniva da Lohr, all'epoca, dove si producevano oggetti di vetro e specchi. E niente principe azzurro: non si sposò mai. Nella realtà non sempre tutti «vissero felici e contenti».

Una pietra restaurata è appena stata esposta al Museo Diocesano di Bamberg, nella Germania meridionale. È quella della nobildonna che si ritiene abbia stimolato l'estro creativo dei fratelli Grimm per la scrittura di Biancaneve. Originariamente, la pietra si trovava in una vecchia chiesa che fu demolita. Data per persa, è stata recentemente scoperta in una casa ereditata a Bamberg e poi donata al Museo Diocesano della città bavarese. Il museo ha controllato, pulito e restaurato la lapide.

«Specchio, specchio delle mie brame», c'era una volta, la vita della ragazza da cui la favola probabilmente è tratta: una giovane nobildonna cresciuta in un castello a Lohr am Main, a ovest di Bamberg, nella Baviera settentrionale. Si chiamava Maria Sophia von Erthal ed era una baronessa; morì nel 1796. Ci sono poche tracce della vita di Maria Sophia von Erthal in un monastero di Bamberg, scrive Deutsche Welle. Philipp Christoph, il padre di Sophia, dopo la morte della prima moglie, sposò una donna non gentile. La foresta spaventosa potrebbe essere quella di Spessart. Una miniera fuori dalla cittadina poteva aver ispirato il luogo in cui faticavano i sette nani. Infatti, in molti lavoravano nella miniera e indossavano abiti con cappuccio per proteggersi dalla caduta di pietre. «La storia della vita di Sophia era ben nota all'inizio del XIX secolo», ha dichiarato alla Bbc il direttore del museo Holger Kempkens.

I fratelli Grimm vissero a lungo vicino a Hanau, a soli 50 km da Lohr am Main. La fiaba di Jacob e Wilhelm Grimm, è stata pubblicata nel 1812. Nel 1937, quando Walt Disney creò il film d'animazione, la storia di Biancaneve diventò nota al pubblico mondiale.

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