Politica

Verdetto Mubarak, farsa d'Egitto: «Non andava neppure processato»

Cadono le accuse per l' omicidio di 239 manifestanti e di corruzione. L'ex raìs: «Non ho fatto nulla di male»

Verdetto Mubarak, farsa d'Egitto: «Non andava neppure processato»

L'ex presidente egiziano Hosni Mubarak è stato prosciolto dall'accusa di omicidio di 239 manifestanti durante la rivolta del 2011. Non c'erano le premesse per un processo penale, hanno detto i giudici che hanno firmato le 1.340 pagine del fascicolo. Non sarà assolto né condannato per le morti causate dalle forze dell'ordine o per corruzione: la presunta vendita di greggio a Israele al di sotto del prezzo di mercato per il quale sono stati accusati e prosciolti anche i suoi due figli, Alaa e Gamal. L'ex raìs resterà però ancora rinchiuso in un ospedale militare dove si trova a scontare la pena di tre anni per sottrazione di fondi pubblici.

Mubarak, 86 anni, è arrivato all'Accademia della polizia nei sobborghi della capitale dove si sono finora tenuti i processi a bordo di un elicottero, steso su una barella. Alla lettura del verdetto, l'aula piena di suoi sostenitori è esplosa in giubilo, hanno raccontato le tv locali. A chilometri di distanza, nel centro del Cairo, piazza Tahrir, icona e simbolo della rivoluzione, era vuota, bloccata in entrata e in uscita dalle forze di sicurezza, ma alle sue porte si sono raccolti circa 700 manifestanti che hanno protestato contro la sentenza.

Nonostante l'accusa possa ancora fare ricorso in appello, la sentenza fa infuriare attivisti politici e per i diritti umani, parenti delle vittime e chi ha vissuto i giorni di rivolta del 2011. Se l'ex rais è stato prosciolto, sei funzionari dei servizi di sicurezza e il suo ex ministro dell'Interno, quell'Habib El Adly odiato dalla popolazione perché alla testa di forze dell'ordine tristemente note per la loro brutalità, sono stati assolti dalla stessa accusa. Il 28 gennaio 2011, nel «giorno della rabbia», forse il più simbolico della breve stagione rivoluzionaria egiziana, migliaia di persone sono scese in strada a manifestare al Cairo. Il dissenso si è trasformato in scontri nel centro, al termine dei quali la polizia si è ritirata dalle strade della capitale. Il bilancio delle vittime era destinato a crescere: oltre 800 persone sono morte in meno di 20 giorni. L'avvocato Othman Al Hefnawy, legale di alcune famiglie delle vittime, ha parlato ai giornalisti dopo la sentenza: se a dare l'ordine di usare la forza contro i manifestanti non sono stati né il presidente né il suo ministro dell'Interno né altri, «allora chi è stato?». «Non ho fatto nulla di male», ha detto ieri al telefono con una televisione privata locale Mubarak, di ritorno nel suo letto d'ospedale.

Per attivisti e detrattori dell'ex regime, la sentenza è un cerchio che si chiude nell'impunità, non una sorpresa: si adeguerebbe al corso della nuova politica egiziana. Dopo la breve parentesi della leadership dei Fratelli musulmani, culminata nelle violenze del 2013 e negli scontri tra islamisti ed esercito, il governo del rais, Abdel Fatah Al Sisi, eletto a maggio, è sempre più saldo. Il generale e i vertici dell'esercito sono circondati da uomini dell'ex regime, i mass media statali hanno smesso d'attaccare l'antico potere di Mubarak, i più prominenti attivisti alla testa del dissenso del 2011 sono stati arrestati, la leadership dei Fratelli musulmani è da mesi in carcere. Per i sostenitori dell'ex rais, l'accusa al presidente è invece stata montata in origine per placare la piazza in rivolta e l'accusa di omicidio era troppo difficile da provare per via della stratificazione gerarchica del regime.

Una prima condanna al massimo della pena, 25 anni di reclusione, emessa a giugno 2012, era già stata ribaltata per mancanza di prove, portando a un nuovo processo nel 2013.

Commenti