Vescovo contro il Papa: «Ci invadono»

No, Papa Francesco «non conosce la situazione». Quelli «non sono rifugiati. Vengono qui al grido di Allah Akbar », Allah è il più Grande. Non si tratta di solidarietà, questa «è un'invasione, ci vogliono conquistare». Ancora: «Ha ragione Orban», siamo di fronte a «un attacco alla civiltà cristiana». Eccolo, l'ultimo muro. Altissimo. Dritto contro all'appello all'accoglienza che domenica il Pontefice ha rivolto a «ogni comunità, parrocchia, monastero, santuario» della Chiesa continentale affinché accolga una famiglia di rifugiati. E si innalza da una diocesi da 800 mila cattolici proprio nel cuore dell'Ungheria meridionale, in queste ore di inferno e scontri tra profughi e polizia. Il vescovo Laszlo Kiss-Rigo, intervistato dal Washington Post , prende le distanze dalle parole di Bergoglio e si schiera al fianco della cortina sollevata del primo ministro ungherese Viktor Orban. Poco importa che l'Ungheria sia corridoio di transito verso la terra promessa di « Mama Merkel »: nell'ondata umana che da settimane sferza il confine serbo ungherese, l'alto prelato intravede i contorni nitidi di una minaccia ai «valori universali cristiani» dell'Europa. Questione di numeri, incontenibili secondo l'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), e di provenienza. «Sono totalmente d'accordo con il premier» sostiene il vescovo, secondo cui la maggioranza dei migranti che risalgono i Balcani verso ovest «non sono rifugiati - ripete - hanno soldi. Rifiutando il cibo, la maggior parte di loro si comporta in un modo che è molto arrogante e cinico». É il volto della paura, quello che apre l'ultima frattura, e che si rivela dietro a una pressione senza precedenti che sta portando l'Est Europa all'implosione. Sono settemila i siriani giunti in Macedonia dalla Grecia nelle ultime 48 ore. Si dirigono a piedi, verso Belgrado. Altri 2.706 solo quelli intercettati alla frontiera con la Serbia ieri. E ce ne sono altri 30 mila in attesa in Grecia, avverte l'Unhcr, di cui 20 mila a Lesbo. Ma Budapest non arretra, la linea resta durissima. I confini sono al collasso, tra blocchi forzati, poliziotti blindati e spray urticanti. La stazione Keleti è paralizzata da centinaia di profughi che tentano di prendere un treno per superare la linea austriaca. Ieri mattina in 150 sono saliti sul «Railjet» diretto a Monaco, nel pomeriggio sono partiti altri quattro convogli verso la Baviera e altri sei per Vienna. E proprio mentre la commissione Ue stanzia 5 milioni di euro per l'Austria e 4 milioni per l'Ungheria per gestire l'aumento dei flussi migratori, adeguare le strutture di accoglienza e di identificazione, Orban accelera. Vuole che quei 175 chilometri di filo spinato siano pronti entro il 15 settembre. Data di fine lavori, tassativa.

Sette giorni per arginare un esodo. Serviranno più operai e le maestranze dovranno lavorare di più, ha annunciato. Determinato. Tanto da aver rimpiazzato il ministro della Difesa Csaba Hende per l'insufficiente stato di avanzamento dell'opera.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica