Veti incrociati sul nuovo direttore del Tesoro

Sul favorito del Mef, Rivera, c'è il niet di Lega e M5S. Salvini: «Per Cdp noi idee chiare»

Veti incrociati sul nuovo direttore del Tesoro

Roma - Per essere un governo del cambiamento quello tra Lega e M5S ricorda molto i precedenti, intrappolato com'è in un gioco di veti incrociati per le nomine più importanti cui dovrebbe procedere Palazzo Chigi d'intesa con il ministro dell'Economia, Giovanni Tria.

Ad esempio, non si può non sottolineare lo stallo nella designazione del direttore generale del Tesoro. All'ultimo Ecofin in Lussemburgo il titolare del dicastero di Via XX Settembre ha portato con sé il direttore Sistema bancario e finanziario del ministero, Alessandro Rivera, che il ministro avrebbe voluto indicare per quella poltrona su «caloroso suggerimento» del predecessore, Pier Carlo Padoan. Rivera, che ha elaborato i decreti per la liquidazione di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti oltreché quelli di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, porta su di sé le stimmate di queste operazioni che hanno fatto imbufalire i risparmiatori coinvolti. Per questo motivo il premier Giuseppe Conte ha fatto presente a Tria il niet delle due forze di maggioranza.

Il problema è che il candidato alternativo, il capo European equity research di Mediobanca, Antonio Guglielmi, ha declinato l'invito un po' perché le remunerazioni pubbliche sono più basse e un po' perché un problema di conflitti di interesse escluderebbe Piazzetta Cuccia dalle consulenze del Tesoro. E così Tria insiste, sebbene le chances siano minime visto che Lega e M5S non possono accettare un candidato espressione di tutto quello che hanno combattuto in passato. Rivera sarebbe una garanzia di continuità per molte posizioni di vertice, a partire dalla direzione comunicazione del ministero.

Senza direttore generale del Tesoro, in teoria, non si può procedere alle firme delle nomine delle controllate di Stato. In questo caso, l'impasse viene in soccorso delle divisioni tra Lega e M5S sul nome dell'ad della Cassa Depositi e Prestiti. Ieri il vicepremier Matteo Salvini ha detto di avere «le idee chiare», mentre l'omologo Luigi Di Maio ha sottolineato che «cerchiamo il meglio per Cdp, in passato è stata utilizzata molto spesso per fare qualche marchetta, ora è arrivato il momento di utilizzarla come banca per gli investimenti». Concetto ripetuto anche dall'influente sottosegretario grillino Stefano Buffagni. «Puoi metterci anche Ronaldo ma, se non sai cosa fargli fare, non serve». Una metafora calcistica per far comprendere alla Lega che il candidato Marcello Sala (ex Intesa Sanpaolo) non susciti empatia. Forse gli M5S si sono più affezionati all'ipotesi del vicepresidente Bei, Dario Scannapieco.

In ogni caso, per questa settimana non si concluderà nulla.

E, d'altronde, sarebbe anche difficile farlo visto che a Palazzo Chigi c'è totale vacanza di ruoli non essendo stato emanato nessun decreto di staff tranne quello attinente il portavoce Rocco Casalino che aveva bisogno del Nos per i vertici internazionali.

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