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"Vi siete esposti alle ingerenze del regime. I termini degli accordi ancora sconosciuti"

L'attivista che ha curato il dossier: "Intesa con il ministero che deporta gli uiguri. La Via della Seta? Altro atto grave. Dai governi nessuna risposta"

"Vi siete esposti alle ingerenze del regime. I termini degli accordi ancora sconosciuti"

«L'Italia è il primo paese dell'Unione Europea e dell'Alleanza Atlantica in cui la Cina ha aperto stazioni di polizia incaricate di sorvegliare i propri cittadini. E Milano è la città in cui sono diventate operative, a partire dal 2016, le prime due stazioni pilota. L'Italia dunque è particolarmente esposta». Laura Harth, nata in Belgio , trapiantata a Roma, già militante del partito radicale, è una delle responsabili delle campagne di Safeguard Defenders che hanno permesso di scoprire le attività dei servizi di sicurezza cinesi in Italia, attraverso la gestione di almeno 11 «stazioni» di polizia da cui gli agenti di Pechino che controllano i connazionali e dispongono l'eventuale rimpatrio forzato degli «elementi» ritenuti pericolosi. Ma a garantire le attività dei servizi di sicurezza del Dragone contribuirebbero precisi accordi sottoscritti dai governi italiani. «Stando alle nostre ricostruzioni l'inizio di tutto - spiega Laura Harth al Giornale - è l' accordo sui pattugliamenti congiunti siglato dall'allora ministro degli esteri Paolo Gentiloni a Pechino nel 2015. A quella prima intesa fa seguito il cosiddetto accordo rafforzato firmato dal sottosegretario agli interni Bubbico nel 2017».

E cosa prevede l'accordo rafforzato?

«Ad oggi non ne conosciamo i contenuti. Sappiamo però che la controparte cinese di quell'accordo era il Ministero della Pubblica Sicurezza impegnato, già allora, nella campagna di repressione e deportazione della minoranza uigura nello Xinjiang. Questo avrebbe dovuto far sorgere qualche dubbio sull'opportunità del provvedimento. Soprattutto a chi guidava l'ambasciata italiana a Pechino e aveva il compito di consigliare il governo italiano».

Ma il governo italiano sapeva dell'esistenza di vere e proprie centrali di polizia cinesi sul proprio territorio?

«Bella domanda. Certamente il video trovato on line sui media cinesi in cui si nota la presenza di ufficiali di polizia italiani all'inaugurazione della stazione di polizia cinese aperta a Roma nel giugno 2018 pone molti interrogativi».

L'apertura delle «stazioni» di polizia nel nostro paese è la conseguenza diretta dell'accordo sui pattugliamenti congiunti firmato da Gentiloni?

«I pattugliamenti congiunti prevedevano soltanto la presenza di poliziotti in divisa senz'armi nelle capitali del turismo italiano. Ma a detta delle autorità cinesi l'apertura dei centri di polizia è uno dei risultati più importanti ottenuti grazie ai pattugliamenti. Ora spetta alle autorità italiane farci capire se i cinesi hanno deliberatamente abusato di un accordo unilaterale o se il loro comportamento rientrava negli accordi. Il problema è che - a differenza di quanto avviene negli altri paesi - qui continuiamo a non ricevere risposte chiare dal governo».

La firma del memorandum sulla Via della Seta da parte del primo governo Conte ha favorito queste attività cinesi?

«La firma di quel Memorandum è stato sicuramente un atto grave perché puntava a legittimare la politica di Pechino e a dividere l'Alleanza Atlantica. Ma in base alle tempistiche è stato solo l'ultimo fra i tanti che hanno reso l'Italia drammaticamente esposta a queste potenziali ingerenze».

Quali sono state le reazioni delle autorità italiane alle vostre denunce?

«Finora l'unica risposta ufficiale è stata quella fornita lo scorso settembre quando il ministero degli Interni (guidato all'epoca da Luciana Lamorgese, ndr) fece sapere che la stazione cinese in quel di Prato non destava particolari preoccupazioni».

È vero?

«A noi risulta che i centri di polizia cinesi nel mondo hanno contribuito al rimpatrio forzato di quasi 250mila cinesi con metodi che vanno dalle minacce ai familiari fino al rapimento.

In Italia abbiamo tre casi accertati tra cui quello di un imprenditore scomparso non appena arrivato in Cina».

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