Un missino a Levico: le luci della ribalta di una famiglia atipica

Un missino a Levico: le luci della ribalta di una famiglia atipica

la sera in veranda, con il fresco e l'aria del lago, si metteva pure a cantare. Che cosa, Faccetta nera? «No, non scherziamo, niente politica, il suo era un repertorio napoletano: Core ingrato, Malafemmina, Torna a Surriento. O anche le canzoni di Renato Rascel, tipo Il Corazziere: mamma ti ricordi quando ero piccoletto/che me ce voleva la scaletta pe' anna' a letto. O magari Battisti». Infatti Lucio era l'unico musicista di destra, così almeno si diceva. «Bah. Gli piaceva, però papà non ne faceva una questione ideologica. Ad esempio - ricorda Giuliana de' Medici - amava molto Francesco Guccini. Ma i suoi preferiti, tra i moderni, erano i Matia Bazar». Qualche volta ballava. «Sì, mi tirava improvvisamente per un braccio e faceva uno svelto con me».

Vacanze allegre a Levico, in Valsugana, a due passi da Trento, dove Giorgio Almirante con Donna Assunta e la famiglia allargata poteva dare sfogo al suo istinto. Ci arrivava in macchina da Roma, con una 500 scassata, senza scorta. Guidava lui. «Noi - dice la figlia - avevamo paura, quell'auto si reggeva con lo scotch. Una volta si ruppe davanti casa, dopo aver sbuffato per 700 chilometri. Un'altra volta fu tamponato. L'investitore scese, forse per litigare, ma rimase di sasso: ma l'e' lu' o non l'e' lu', continuava a ripetere».

E a Levico il segretario del Msi si lasciava andare: canzonette, scherzi, risate. «I parenti di papà erano da generazioni gente di teatro. Aveva lo spettacolo nel sangue, come la politica, e d'estate si divertiva ad intrattenerci». Il padre, Mario Almirante, era stato attore e direttore di scena nella compagnia di Eleonora Duse e in quella di Ruggero Ruggeri, e in seguito regista cinematografico. Attori anche il nonno del leader missino, Nunzio, e gli zii Ernesto, Giacomo e Luigi, Legami di parentela c'erano pure con Italia Almirante Manzini, attrice del cinema muto. E per seguire il lavoro paterno, fino ai dieci anni il piccolo Giorgio visse sballottato da una città all'altra. Lui stesso in gioventù era stato direttore del doppiaggio di diversi film, tra cui Luci della ribalta di Chaplin, e da giornalista, al Tevere di Telesio Interlandi, oltre che di razza si occupava di critica cinematografica.

Tutto questo retroterra famigliare, sostiene Giuliana, gli aveva aperto la mente. «Molti credevano che fosse un tipo rigido, duro, chiuso, gli occhi di ghiaccio. Al contrario, era aperto alle novità, uno che sapeva ascoltare. Una sera a Levico io ero davanti alla tv per ascoltare uno dei primi concerti di Madonna, che in teoria doveva essere lontanissima dalla sua mentalità. Ecco, pensai, ora mi dice qualcosa, mi chiede di spegnere. Invece si sedette accanto a me. Voglio capire, mi spiego' , che cosa fa e perché ha tanto successo. E alla fine il concerto gli piacque pure parecchio».

Giorgio Almirante aveva scoperto la Valsugana all'inizio degli anni Settanta, dopo una serie di comizi in Trentino. «In campagna elettorale aveva visto questo paesetto arroccato sopra il lago e se ne era innamorato. Da allora abbiamo sempre passato li' le vacanze. Cinquant'anni e ancora ci andiamo». Prima in albergo, poi in un'abitazione in affitto nel centro. Un bel giorno «capitò l'occasione» e comprò l'attuale casa per nove milioni di lire. Non una casetta, ma un'importante Villa Veneta con tanto di stucchi, terrazzi e vista panoramica. «Mio padre poteva finalmente fare la vita che non riusciva a fare a Roma. Andare a fare la spesa, prendere un caffè, fare due passi tranquillo».

La mattina saliva sulla sua 500 e scendeva in paese. Prima tappa l'edicola, dove faceva il pieno di quotidiani. Seconda, la pasticceria. «Non ci faceva mai mancare i krapfen caldi per colazione». Più tardi tornava a fare la spesa e i turisti lo fotografavano con le buste di plastica in mano. «Gli piacevano i negozi e i mercati - dice Giuliana - perché così poteva fermarsi a fare due chiacchiere. Andava d'accordo con tutti». Anche con il macellaio di sinistra: sarà pure comunista, diceva, ma la sua carne è la migliore del Trentino.

Il pomeriggio della famiglia Almirante era dedicato a delle piccole escursioni nella zona. «Un giorno - ricorda ancora la figlia - andammo a Pedavena, dove ci sono le distillerie di birra, e mentre eravamo seduti a mangiare ci fu una contestazione, un po' come quella famosa di Bologna, quando nel 1973 i dipendenti del Mottagrill di Cantagallo si rifiutarono di servigli un caffè. Ebbene, anche a Pedavena un gruppo di ragazzotti lo riconobbe e si mise a gridare il tipico slogan dell'epoca: ci piace di più Almirante a testa in giù. Mio padre ci disse di restare calmi e di non rispondere. Finimmo di bere la nostra pinta, pagammo in conto e ce ne tornammo tranquillamente a casa».

La sera si cenava in villa e, dopo mangiato, le canzoni e i balli. Spesso si presentavano i deputati missini del nord, o quelli in vacanza da quelle parti come Pazzaglia o Franchi, per omaggiare il capo. Arrivava anche qualche reduce della Repubblica di Salo'. «C'era un via vai. Comunque a Levico mio padre riusciva anche a trovare un po' di pace, lontano dalle polemiche sul fascismo e sul suo ruolo nella Rsi. È li, guardando il lago, che in un solo mese ha scritto Autobiografia di un fucilatore». E il mare? «Non gli piaceva la vita di spiaggia. Però amava Amalfi perché ci andava in vacanza da bambino con i genitori, così per un periodo abbiamo affittato una casa sulla Costiera a giugno e luglio. A chiusura delle campagne elettorali, dopo i comizi a Napoli e a Salerno, quella di Amalfi era una tappa obbligata. Gli serviva per riposare e ricaricarsi. Insomma, eravamo una famiglia felice».

E, per l'epoca, una famiglia abbastanza singolare. «Eravamo degli irregolari di destra - racconta Donna Assunta - e a molti pure nel partito non piaceva». Il vero nome di Assunta Almirante, è Raffaella Stramandinoli, di Catanzaro. «Io ero sposata con il marchese Federico de' Medici, lui con la brasiliana Gabriella Magnatti. Ci siamo conosciuti in Calabria, dove Giorgio girava come un pazzo per comizi e sezioni del Movimento sociale. Viaggiava in treno in terza classe. Veniva da una famiglia di attori, sapeva sedurre. Ci siamo rivisti a Roma: non ci siamo più lasciati. Lui aveva già una figlia, Rita, ma si era sposato solo civilmente a San Marino e si era separato all'estero. Io avevo Marco, Marianna e Leopoldo». Poi è arrivata Giuliana. In quel periodo non c'era il divorzio, l'infedeltà coniugale era considerata un reato. Almirante non poteva dare il suo cognome alla bambina, così ci pensò il marchese Federico a concedere nobilmente il suo per non farne una figlia illegittima.

Da allora tutti insieme appassionatamente. «A Levico con papà e i miei fratelli abbiamo vissuto anni bellissimi», spiega Giuliana.

E Rita? «Non abbiamo mai avuto rapporti». Nel 2013 si sono persino trovate come avversarie alle elezioni regionali del Lazio, una candidata con i finiani, l'altra con la Destra di Francesco Storace, simboli della diaspora della destra.

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