Un video sbugiarda il governo «Milioni per Greta e Vanessa»

Centodieci mazzette da 100mila euro allineate su un tavolo di legno: è il riscatto pagato per il rilascio delle cooperanti rapite in Siria. E non è tutto...

Cento e dieci mazzette da 100mila euro allineate in file di 22 per 5 sopra un tavolaccio di legno su cui spicca la data «07.01.2015» e la misteriosa sigla «TA MA HO». Il tutto per la bellezza di 11 milioni di euro. Sarebbe quello il malloppo versato dal nostro governo ad un gruppo di jihadisti siriani in cambio della liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Al Jazeera la chiama inchiesta. A guardarla bene sembra, però, un atto d'accusa contro il nostro Paese e contro un ministro degli Esteri Paolo Gentiloni incaponitosi, da gennaio ad oggi, a negare che l'Italia abbia messo mani al portafogli per ottenere il ritorno delle due cooperanti sequestrate in Siria il 31 luglio 2014 e liberate il 15 gennaio scorso.

Nell'anticipazione di due minuti e 48 secondi di «The Hostage Business» - un'inchiesta prodotta da una cosiddetta «unità investigativa» dell'emittente del Qatar destinata a venir trasmessa integralmente lunedì 12 ottobre - c'è quanto serve per mettere in croce i governi di Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi. Partendo dalle foto degli 11 milioni di euro consegnati per liberare Greta e Ramelli, passando per i 4 milioni di dollari versati ai rapitori del giornalista Domenico Quirico per arrivare, a ritroso, alle rivelazioni sui 525mila dollari pagati, nel giugno 2012, in cambio dell'italiano Bruno Pelizzari e della fidanzata sudafricana Debbie Calitz sequestrati dai pirati somali durante una crociera a vela. Ma partiamo dal caso più discusso, ovvero dalla vicenda di Greta e Vanessa liberate il 15 gennaio scorso, dopo 5 mesi e mezzo trascorsi nelle mani di una formazione di ribelli jihadisti siriani. All'indomani di quel rilascio il ministro degli Esteri nega davanti al Parlamento qualsiasi pagamento. «Sul riscatto - afferma Gentiloni - illazioni prive di fondamento». «Ho letto - aggiunge - ricostruzioni.... prive di reale fondamento e veicolate da gruppi terroristici. Siamo contrari ad ogni tipo di riscatto». A smentire il ministro degli esteri ci pensa il 5 ottobre scorso «Nour Al-Din Al Zenki», una delle formazioni coinvolte nel rapimento, facendo arrivare all'Ansa il verbale di un processo messo in piedi per punire tale Hussam Atrab, lo scagnozzo di una formazione minore, accusato di essersi intascato cinque dei dodici milioni e mezzo di dollari incassati grazie al sequestro. Un verbale liquidato come carta straccia sia da Paolo Gentiloni, sia dal ministro Maria Elena Boschi, intervenuta mercoledì scorso davanti alla Camera per difendere il collega. Ora però Al Jazeera esibisce quella foto che - a dar retta alle rivelazioni fatte uscire in collaborazione con il quotidiano britannico The Guardian - proverrebbero da un pacchetto di «appunti» sulle attività di varie intelligence internazionali «usciti» dagli archivi di un non meglio precisato servizio segreto. Un servizio segreto assai ben informato anche sulle trattative per la liberazione del giornalista italiano Domenico Quirico e del suo collega belga Pier Piccinin rapiti, sempre in Siria, nell'aprile 2013 e liberati l'8 settembre dello stesso anno. Anche in quel caso si era già parlato di un riscatto di almeno 4 milioni di euro. Una cifra confermata nell'inchiesta di Al Jazeera grazie a due interviste esclusive realizzate con un presunto militante del gruppo responsabile del sequestro e con il mediatore della trattativa sul prezzo della liberazione. «I rapitori avevano chiesto 10 milioni, ma penso che alla fine ne abbiano ottenuti quattro» - spiega il negoziatore Mu'taz Shaklab aggiungendo di esser stato presente, assieme ad un italiano non meglio identificato, alla consegna del denaro.

Un anonimo militante delle Brigate Farouq, la formazione responsabile del sequestro, racconta invece di aver visto la somma di denaro ottenuta in cambio degli ostaggi e descrive un sistema d'imballaggio delle banconote molto simile, a quello impiegato nella foto del «bottino» versato come contropartita per Greta e Vanessa.

«Il denaro - spiega il militante che non fornisce il suo nome, ma parla a faccia scoperta - era in pacchi da 100mila dollari ciascuno e ognuno era in un involucro di plastica separato».

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