Politica

Vietato criticare rom e islam ecco il Minculpop buonista

Dietro la nuova bicamerale l'obiettivo di controllare e censurare chi non si allinea al politicamente corretto

Vietato criticare rom e islam ecco il Minculpop buonista

«Si scrive Segre ma si legge Boldrini» riassume Arturo Diaconale sull'Opinione e non si potrebbe sintetizzare meglio il senso dell'operazione che il Senato sta cercando di mascherare dietro il nome della senatrice a vita reduce da Auschwitz. Un paravento per camuffare un sistema censorio che criminalizzi ogni opinione non allineata al boldrinicamente corretto e che fa il paio con la schedatura degli utenti di internet proposta dai pasdaran renziani per mettere in riga anche la Rete. L'obiettivo è catalogare dentro la sfuggente etichetta di hate speach (discorso d'odio) ogni pensiero non conforme alla dottrina ufficiale e quindi legittimare il controllo politico sulle parole e la rimozione forzosa di quelle sgradite. Conviene analizzare il testo della mozione per capire cosa hanno in mente i promotori della commissione parlamentare. «Non esiste ancora una definizione normativa di hate speech - premette la mozione tuttavia (...) il termine copre tutte le forme di incitamento o giustificazione dell'odio razziale, xenofobia, antisemitismo, antislamismo, antigitanismo, discriminazione verso minoranze e immigrati sorrette da etnocentrismo o nazionalismo aggressivo». Quindi un commento critico sull'Islam, un modo di ragionare considerato nazionalistico in modo «aggressivo», un giudizio polemico verso i rom («antigitanesimo»), una qualsiasi affermazione catalogabile come una generica discriminazione di una generica «minoranza», sono tutti considerabili - a totale discrezione di chi osserva - come discorsi d'odio, quindi censurabili. Colui che diffonda pericolose idee discriminatorie «è incriminato a titolo di pericolo presunto», dice la mozione. La propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica religiosa è già punita dal nostro codice penale (articoli 604bis e ter). Ma la commissione vuole estendere il campo di applicazione del «razzismo», a tutte le manifestazioni che diffondono «più in generale l'intolleranza, ma anche i nazionalismi e gli etnocentrismi, gli abusi e le molestie, gli epiteti, i pregiudizi, gli stereotipi e le ingiurie che stigmatizzano e insultano». Insomma un raggio talmente ampio da poter includere tutto. Dire «prima gli italiani», è un discorso d'odio? Affermare che i clandestini spesso delinquono, è una odiosa discriminazione razziale? Magari anche religiosa, se si tratta di immigrati di fede musulmana? Sostenere che spesso i rom sono dediti a scippi e rapine, è un incitamento all'odio etnico? Azzardarsi a obiettare circa l'opportunità di un gay pride o di una sfilata transgender, sarebbe una chiara propaganda a favore della discriminazione sessuale? Parlare di «terroristi islamici» una forma di razzismo religioso?

La parola, in questi casi, spetterebbe appunto a questa «Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza», costituita da venticinque parlamentari scelti nei vari gruppi presenti al Senato e Camera. I quali, sempre secondo il progetto illustrato in Aula, avrebbero «compiti di osservazione, studio e iniziativa per l'indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio». E già pensare a una commissione politica con compiti di controllo su quel che viene detto mette i brividi. Ma non solo perché i commissari della buoncostume ideologica avrebbero anche il potere di «segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza e razzismo richiedendo la rimozione dal web dei relativi contenuti ovvero la loro deindicizzazione dai motori di ricerca». Quindi anche il potere di cancellare e far sparire da internet quel che ritengono razzista o sessista.

Si legge Segre, si legge Boldrini.

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