La viltà di insultare i morti

La viltà di insultare i morti

di Gabriele Barberis

D acci oggi il nostro morto quotidiano, da offendere, da seppellire sui social con un insulto sprezzante. L'immondizia che gira sul web ormai esula dal linguaggio degli ultrà del calcio per annidarsi in ogni evento che riguarda la vita pubblica.

Lascia un senso di nausea la sequela di commenti che ha accompagnato la morte di Vittorio Zucconi, un signore del giornalismo, peccatore come tanti, ma non certo un pericoloso sobillatore che divideva gli italiani tra amore e odio. Molti magari non avranno neppure letto un suo articolo, ma in questi casi cosa ci vuole, basta indottrinarsi con il fai-da-te sul web. E così chi ha voglia di menare le mani sulla tastiera si sente ispirato: crede di possedere conoscenze e capacità per sintetizzare in due righe l'operato cinquantennale di un principe dell'informazione. Basta scorrere gli «epitaffi», lasciati sulla pagina web dell'Ansa; l'Ansa, non un sito vicino ai centri sociali.

Tra centinaia di commenti sulla morte di Zucconi si leggono farneticazioni da fare rabbrividire: «un nemico della democrazia», «un comunista sparacazzate», «un arrogante schierato con il potere», «un giornalista che faceva schifo», «un leccaculo». E fermiamoci per carità di patria sulle faccine sghignazzanti e altre manifestazioni di irrefrenabile buon umore per la scomparsa del giornalista.

Oggi tocca a Zucconi, domani al

prossimo defunto con un minimo di notorietà. Al momento del trapasso dovrà subire questa vile gogna mediatica che non consente la replica degli interessati. E qualcuno ancora vagheggia l'avvento della democrazia diretta.

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