Che sul referendum siano arrivati endorsement piuttosto che vere e proprie pressioni da parte dei cosiddetti poteri forti è innegabile. Ma includere nel gruppo anche la Banca d'Italia pare una forzatura. A Palazzo Koch il governatore Ignazio Visco aspetta domenica 4 dicembre con l'apprensione che merita l'appuntamento, ben sapendo che l'indomani, con la riapertura dei mercati, si vivrà una giornata particolare. D'altra parte Bankitalia è parte dell'Eurosistema, cioè il governo dell'euro, a cui aderiscono le 19 banche centrali dell'eurozona insieme con la Bce. E Visco siede nel Consiglio direttivo della Bce presieduta da Mario Draghi. La cui guardia, in vista del referendum, è tenuta più alta che si può: al pari della Brexit del giugno scorso o della Grexit del luglio 2015. Per questo il governatore ha mostrato ai suoi collaboratori, in questi giorni, una certa sorpresa, tendente all'amarezza, nel vedersi inserito nello stesso calderone di chi tifa per il Sì. Alla stregua, per intenderci, della Confindustria, di qualche banchiere d'affari, o del Financial Times. In verità il governatore non ha schierato Bankitalia pro o contro Renzi, anche perché Visco è sempre stato attento, da quando nel 2011 ha preso il posto di Draghi, a non fare politica. E a tenere sempre le distanze di sicurezza con il governo, anche nel momento più difficile, un anno fa, delle quattro banche finite in risoluzione. Ecco allora che essere inseriti nella «controaccozzaglia» proprio adesso gli è parso quantomeno beffardo.
Quello che il governatore non poteva tacere - per il ruolo che occupa a Roma e soprattutto a Francoforte dove domenica sera rappresenterà il Paese al quale per qualche ora guarderà il mondo intero - è la realtà che ha preso forma in questi mesi. E cioè che la scadenza referendaria, di per sé, costituisce un fattore di incertezza che avrà un peso sui mercati; sulle Borse, sugli spread, sulle valute. In questo evidenziando i segnali che già arrivano copiosi dai mercati. Così, dopo la diffusione del Rapporto di stabilità finanziaria del 18 novembre, dove Bankitalia scrive che «gli indicatori di mercato registrano un aumento della volatilità attesa sulle azioni italiane nella prima settimana di dicembre, in corrispondenza con il referendum sulla riforma costituzionale», è arrivata una lettura politica che a Palazzo Koch non è stata presa con entusiasmo.
Né è servito a far cambiare idea agli osservatori più maliziosi la conclusione del governatore nello stesso rapporto. E cioè che «qualunque sia il risultato della consultazione, all'indomani del voto la direzione di marcia non potrà che essere quella di proseguire nella ricerca della risposta giusta ai cambiamenti».
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