Viva il velo e niente tacchi: la Cattolica si mette il burqa

Prof islamico spiega alle donne cos'è la dignità: "Coprire il corpo agli occhi degli altri". E l'ateneo gli dà ragione

Viva il velo e niente tacchi: la Cattolica si mette il burqa

Il caso Islam di Milano arriva fino alla soglia del portone di Sant'Ambrogio. È sempre caldissima, in città, la discussione sui musulmani più o meno accreditati come interlocutori dai partiti, in Comune e nel mondo della finanza. Oggi alla Cattolica tocca la stessa sorte. La prestigiosa Università, a due passi dalla basilica simbolo del cattolicesimo ambrosiano, è stata raggiunta da qualche malumore, di recente, per una scelta che - a qualche profano - è apparsa piuttosto bizzarra. Fra i docenti di un master su storia, istituzioni e norme dell'Università Cattolica Sacro Cuore di Milano, infatti, figura Gabriele Iungo, giovane italiano di fede musulmana piuttosto conosciuto a Milano (e non solo).

Solo pochi giorni fa, a Torino, Iungo è stato fra i relatori di un convegno dedicato ai «Luoghi di culto nello spazio urbano della super-diversità», promosso dalla Fondazione fondo ricerca e talenti dell'Università degli studi di Torino. Iungo, che nel manifesto visibile in rete viene presentato come «Università Cattolica di Milano», ha tenuto un intervento su «Moschea e madrasa: culto e cultura nei processi di integrazione civile e di contrasto all'integralismo». Il curriculum dell'insegnante è già un problema per qualcuno, che non ha mancato di sollevare domande sugli studi e il percorso accademico di Iungo, che - serafico - ha risposto così: «Ho completato lo studio di diverse opere classiche della tradizione sapienziale sotto la guida di Sapienti musulmani, che mi hanno rilasciato autorizzazioni a trasmetterle: questa è la modalità tradizionale di trasmissione della conoscenza islamica», aggiungendo: «Nel frattempo, se Dio vuole conseguirò altresì una formale laurea accademica, che mi consenta se possibile di svolgere attività di insegnamento in contesti per cui è strettamente richiesta». Ma, requisiti accademici a parte (evidentemente il «pezzo di carta» non è richiesto in casi del genere) è sull'orientamento del docente che si può discutere. Iungo si può senz'altro definire un ortodosso. «Che male c'è?» ha chiesto infatti, in proposito, nell'ambito di una discussione sulla contrapposizione fra ortodossi e laici, che lui definisce «insensata e controproducente». E ha fatto molto discutere un suo intervento sulle donne in cui, in realtà, contrapponeva le donne «culturalmente educate a coprire il capo con un velo, con dignità regale», mentre ve ne sono altre «socialmente costrette a camminare sui tacchi con penosa difficoltà». Non il massimo per le donne musulmane laiche (e magari femministe e di sinistra) che anche a Milano si battono contro un certo islam oscurantista; mentre questa riflessione è stata invece condivisa dalla presidentessa dei Giovani musulmani. «In quest'epoca - ha poi ribadito Iungo - se una donna protegge la sua dignità indossa il velo». Discute di tutto e tutto affronta, dal voto Usa («eleggano pure chi gli pare, quali che siano sovrani e presidenti, è sempre il re dei re a governare») al terremoto, tema su cui ha perfino avuto modo di difendere gli ultracattolici (giustamente) «scomunicati» per aver ricondotto recenti tragici eventi naturali, alle scelte politiche delle istituzioni (unioni civili). «Iungo è un italiano convertito - spiega Paolo Branca, direttore del master e prestigioso docente alla Cattolica - ha fatto studi a Medina, segue molto una linea ortodossa ma è di ispirazione sufi. È stato il primo a musulmano a scrivere su Avvenire, fra l'altro un articolo molto sensato, a proposito delle moschee di Milano.

Veste in modo tradizionale, ma c'è un'altra musulmana non velata, c'è una certa pluralità ma nessuno può essere accusato di avere posizioni radicali o estremistiche». «E sul velo - conclude - la sua posizione non è molto diversa da quella di un ebreo ortodosso».

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