C'era una volta la repubblica dei pm. I signori delle manette, castigamatti del potere politico e baricentro dei fragili equilibri istituzionali. Ora il potere giudiziario aggiorna la propria leadership e va direttamente all'attacco della politica, del governo e delle scelte che l' esecutivo compie. È la Rivoluzione 2.0, più sofisticata e fascinosa della precedente perché non esibisce i muscoli ma fa sfoggio di sapere e di dotte argomentazioni, seducenti come una tentazione. Scrive dunque Paolo Maddalena, ex magistrato contabile di altissimo profilo, poi giudice costituzionale e per una breve stagione presidente della Consulta parlando di immigrazione: «Dall'assassinio di Aldo Moro e dal trattato di Maastricht i nostri politici hanno agito con sempre minor attenzione per la tutela degli interessi italiani e minor rispetto dei nostri principi costituzionali». Discorso intrigante e per molti aspetti condivisibile. Ormai il Paese, da Montecitorio all'ultimo bar di provincia, ammazza il tempo giocando alle freccette con l' Europa e con trattati e accordi con cui ci siamo impiccati con la corda del rigore. L' edificio comunitario trema e pure il Palazzo non se la passa bene. Sale l'antipolitica, sale il partito del non voto, salgono in cattedra gli scettici. Lo sappiamo. Ma Maddalena, da sottile giurista, non si ferma all'analisi pure impietosa: occorre «riflettere sulla cosiddetta intangibilità degli atti di governo, proclamata dalla giurisprudenza amministrativa nel presupposto che non fossero concepibili atti di governo contrari all'interesse del popolo italiano». Per lo studioso questo diaframma è caduto: «Si deve ricordare che gli atti di governo sono quegli atti nei quali la discrezionalità è massima e, tuttavia, tale discrezionalità non può arrivare fino al punto di danneggiare tutti i cittadini». In questo caso, non saremmo più nel perimetro sacro della discrezionalità ma entrerebbe in gioco un'altra categoria: la carenza di potere. Dalle conseguenze devastanti, perché in questo contesto i nostri governanti potrebbero essere chiamati in giudizio «per rispondere dei danni arrecati ai singoli e alla collettività nel suo complesso». Insomma, il potere giudiziario potrebbe portare alla sbarra premier, ministri e onorevoli non per tangenti e ruberie, ma per aver scritto norme che col tempo sono diventate una maledizione, come un vino di pessima qualità.
No grazie, a noi piace la nostra scalcagnata democrazia: i saggi, gli esperti, i migliori come le toghe pensose restino nei loro uffici, nelle loro aule, nei loro tribunali. Siano le urne e solo le urne a consegnarci una nuova generazione più lungimirante e meno confusa. Di tecnici riveriti e immacolati ne abbiamo avuti abbastanza: erano tutti profeti. Ma del giorno dopo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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