L e mani sul petto, le guance arrossate, il sospirone di sollievo: puf, ce l'ho fatta. Alle sette e mezzo di sera Ursula von der Leyen si accascia sul banco esausta e sollevata. Nove voti di margine, 383 sì contro 320 no, metà del gruppo socialista in rivolta: la Merker 2.0 l'ha scampata bella e ora deve ringraziare i ventidue astenuti e fare un monumento ai quattordici grillini italiani, scomodi ma determinanti, se per cinque anni sarà lei, prima donna della storia, a diventare presidente dell'Europa.
Un'elezione sul filo. La popolare tedesca, candidata ufficiale della maggioranza Ppe-Pse-liberali, è sostenuta tra gli italiani da Pd e Forza Italia e appoggiata apertamente anche dal Movimento cinque stelle, soddisfatti della promessa di un salario minimo europeo. Parte quindi, in teoria, da un largo margine di vantaggio, poi però al dunque la spunta per un incollatura. Le mancano, al momento della conta, almeno un centinaio di voti, cioè larga parte dei consensi della Spd, dei laburisti, dei socialisti di Paesi Bassi e Belgio, della sinistra greca. Malumori che si sono creati al momento della bocciatura dell'olandese Timmermans, che nel segreto dell'urna si aggiungono a mal di pancia sparsi di altri settori.
Contrari i verdi, nonostante il discorso assai ammiccante, quasi furbo, della von der Leyen. Contrari i nazionalisti polacchi di Kascynsky. E contrario l'intero blocco sovranista, Carroccio compreso.
La Lega però ha tentennato fino all'ultimo: meglio mantenere il punto e votare no, rassegnandosi alla marginalità, o tentare di rientrare nella partita delle nomine, puntando a un commissario economico di peso? Accodarsi alla maggioranza e mandare giù quell'intervento «sbilanciato a sinistra», o preparare il terreno a una trattativa? Certo, la von der Leyen che dice che «dobbiamo salvare le vite in mare» non sembra proprio in linea con la politica del Viminale. Meglio, dal punto di vista di Matteo Salvini, la seconda parte della frase della candidata sull'argomento: «Bisogna ridurre la migrazione irregolare e lottare contro gli scafisti». Ma non basta. Dopo una turbolenta riunione, tra i leghisti esce la palla nera: «Nessuna ragione per sostenerla, la nuova Europa comincia malissimo. È una brutta copia di quella di Junker».
Nove voti non è nulla, la von der Leyen inizia il mandato come la presidente più debole della storia. Lei però non si preoccupa. «La maggioranza è maggioran«a. Sono sopraffatta dalla fiducia dimostratami». E si dice determinata a imporre il suo programma.
Inizia sottolineando il suo profilo tutto europeista e parlando un po' di tutto. L'omaggio a Simone Veil: «Se la Ue fosse una donna avrebbe il suo nome». L'economia. «Dobbiamo lavorare nell'ambito del Patto di stabilità e crescita, utilizzando tutta la flessibilità permessa dalle regole. Voglio che ogni persona possa avere un salario minimo per gli sia garantita un'esistenza dignitosa. L'opzione ottimale è avere delle contrattazioni generali con i sindacati». I flussi dal Sud del mondo: «In mare c'è l'obbligo di salvare vite. La Ue deve difendere questi valori, ma non è sufficiente, dobbiamo lottare anche contri i mercanti di morte, assicurare le nostre frontiere esterne e tutelare il diritto di asilo tramite corridoi umanitari». Perciò, spiega, «è necessaria una revisione del regolamento di Dublino che ci consenta di tornare a un'area Schengen pienamente funzionale».
C'è un capitolo sui poteri e sul superamento del cosiddetto deficit di democrazia. «Se il Parlamento vota a favore di un'iniziativa, mi impegno a proporre un conseguente atto legislativo». Ma per la von der Leyen in versione frau di ferro «solamente una cosa è importante, l'Europa va rafforzata; chi la vuol far fiorire mi avrà dalla sua parte, chi intende indebolirla troverà in me una dura nemica». C'è il pasticcio della Brexit: «Sono disposta a garantire un'ulteriore proroga al recesso, in caso servisse più tempo». Però attenzione, non si può cincischiare, ci devono essere «motivi validi». C'è il tema ambientalista, che l'allieva della Merkel ingloba nel suo programma.
«Presenterò un accordo verde per l'Europa nei primi cento giorni del mio mandato. Una delle nostre sfide più pressanti e mantenere il pianeta sano». Infine, la parità di genere: «Se gli Stati non mi proporranno abbastanza candidati donne, chiederò altri nomi. Vogliamo la nostra giusta parte».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.