I am priceless. Di questo vogliono convincere le prostitute: che sono priceless, senza prezzo, e che nessuno può comprarle. «Io non ho prezzo» è il nome della campagna che vuole archiviare l'immagine dei Paesi Bassi come patria del sesso a pagamento. L'obiettivo dei giovani attivisti del movimento Exxpose, che si ispira a valori «cristiani e femministi», è quello di rendere illegale la prostituzione e di iniziare a punire i clienti adottando il cosiddetto «modello nordico», in vigore in Svezia, Norvegia, Islanda, Francia e Irlanda del Nord. Ci hanno lavorato sei anni e hanno raccolto 42mila firme: questo obbliga il Parlamento a discutere la petizione.
Nei Paesi Bassi la prostituzione è del tutto legale. Per la legge olandese i sex worker sono lavoratori come gli altri: sono inquadrati come liberi professionisti oppure dipendenti, pagano le tasse e in caso di licenziamento hanno diritto alla disoccupazione. Dal 2000 sono stati legalizzati anche i bordelli, ufficialmente vietati dall'inizio del Novecento ma di fatto sempre esistiti e tollerati. Non esistono stime aggiornate sul numero di lavoratori del sesso operativi nel Paese: l'ultimo rapporto governativo risale al 1999 - prima della liberalizzazione delle case chiuse - e ne contava già allora 25mila. Secondo una ricerca del 2014 sono presenti attività legate alla prostituzione nel 40% dei comuni e un olandese su quattro ha pagato per del sesso almeno una volta nella vita. Tanti - e a volte contraddittori - sono gli studi sulle condizioni di lavoro di queste persone (donne nel 93% dei casi, uomini nel 5% e i restanti transgender): si stima che per un terzo si tratti di business illegali, cioè non registrati oppure in cui le dirette interessate sono immigrate irregolari (oltre la metà arriva dall'Est Europa, da Centro e Sud America e dall'Asia). Secondo dati raccolti l'anno scorso su un campione di 300 sex worker, inoltre, il 78% diceva di aver subito violenze sessuali. Ma da altri report la fotografia che emerge è diversa: lavoratrici soddisfatte e consapevoli della propria professione, che rivendicano la propria scelta di vita.
Il tema, dunque, è molto dibattuto. Anche alla campagna di Exxpose sono arrivate critiche da parte delle protagoniste. «Faccio volontariamente la professionista del sesso, e come me tante persone. Questa campagna renderà molto più pericoloso il nostro lavoro», si legge in uno dei commenti a un post del movimento su Instagram. La petizione ha spinto parecchio sui social media: «Se fosse tua sorella?», si legge tra gli slogan. Secondo i giovani attivisti la prostituzione è «sia causa sia conseguenza della disuguaglianza». L'ha spiegato alla Bbc Sara Lous, tra i fondatori di Exxpose, assistente sociale in passato impiegata in un centro di riabilitazione per ex prostitute. «Nell'immaginario comune la depenalizzazione è più sicura e vendere sesso è una libertà - ha raccontato -, ma tante cose stanno andando male. L'Olanda registra un alto tasso di traffico di esseri umani e Amsterdam è molto vulnerabile a causa della forte domanda di sesso a buon mercato». Secondo Lous, il messaggio che passa è che la prostituzione sia un modo semplice per fare soldi, invece bisognerebbe dare altre opzioni a chi è in stato di necessità.
Negli ultimi anni Amsterdam ha cercato di limitare il business.
Ha reso obbligatoria la registrazione delle lavoratrici, oltre ad averne alzato l'età minima da 18 a 21 anni. Limature che rimangono nell'ambito del pragmatismo, mai della moralità, come nel Dna dei Paesi Bassi. La petizione vuole passare dall'altro lato della barricata. Si attende la risposta del Parlamento.
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