Gaza, sangue e vendetta. Hamas fa strage di rivali. Il disarmo ora è un rebus

Esecuzioni tra i clan "vicini" a Israele: decine di morti. I miliziani non vogliono cedere i kalashnikov

Gaza, sangue e vendetta. Hamas fa strage di rivali. Il disarmo ora è un rebus

La guerra è (forse) finita. Ma a Gaza la resa dei conti è appena iniziata. E nessuno sa se e come finirà. Le immagini girano sui telefonini. E non sono meno agghiaccianti di quelle viste in 738 giorni di conflitto. Uno dei video riprende una piazza di Gaza City. Una settimana fa ci passava il fronte. Ora è un patibolo. Quattro condannati incappucciati vengono fatti inginocchiare. Alle spalle di ognuno ci sono un militante di Hamas e un kalashnikov spianato. Poi due colpi alla nuca regolano i conti. Mentre rivoli di sangue scorrono sull'asfalto. E solo una delle scene di orrore e violenza che raccontano la nuova guerra. Una guerra che ha già fatto un centinaio di morti e contrappone quanto resta di Hamas ai clan rivali pronti ad approfittare della sua debolezza.

È un conflitto in miniatura rispetto a quello con Israele, ma non è meno insidioso. Né meno pericoloso. Anche perché offre ad Hamas la giustificazione per non consegnare i propri arsenali. E per non lasciare Gaza. Giustificazioni accettate dallo stesso Donald Trump che lunedì ha legittimato gli sforzi di Hamas per mantenere il controllo della Striscia. "Vogliono fermare i problemi - ha detto ai giornalisti - ma si sono dimostrati disponibili e gli abbiamo dato la nostra approvazione per un periodo di tempo". Una dichiarazione paradossalmente in linea con quelle di Ismail Al Thawabta, il portavoce di Hamas, pronto a ribadire che "non vi saranno vuoti di potere" e l'organizzazione "garantirà proprietà e sicurezza". Ma l'azzardo è dietro l'angolo. Il ritorno di almeno 7mila miliziani nelle strade di Gaza può venir considerato da Israele un rottura dell'accordo sul disarmo. E una giustificazione per il ritorno alla guerra. Anche perché alcuni clan ribelli sono suoi alleati. Ma non è l'unico rischio.

Il mancato disarmo minaccia di ritardare l'arrivo di una forza di pace visto la difficoltà di dispiegarla su un territorio dove si combatte ancora. Reazioni a catena capaci d'impedire anche l'insediamento della autorità provvisoria per il governo della Striscia. Ma chi sono i protagonisti dei nuovi scontri? E perché hanno scelto di combattere Hamas? Alcuni sono legati a Fatah, altri ai gruppi salafiti. Ma spesso le connotazioni politiche sono secondarie e si intersecano all'interno degli stessi clan. A Gaza City il principale nemico è quello Doghmosh. Ai primi di ottobre uno scontro armato tra i due gruppi ha fatto 19 morti tra le fila del clan e 8 tra quelle di Hamas. Soprannominati i "sopranos" per il controllo su mercato nero, tunnel e traffici di armi i Doghmosh hanno dai 15 ai 20mila membri e sono i veri padroni del quartiere Sabra di Gaza City. Molte fazioni del gruppo hanno legami con le formazioni salafite e jihadiste in funzione del contrabbando con il Sinai. Ma tra le sue fila non mancano i seguaci di Fatah.

Alle fazioni salafite è legato anche il clan beduino di Yasser Abu Shabab signore del contrabbando con il Sinai nella zona di Rafah. Legami che non gli hanno impedito di forgiare solidi accordi con Fatah. Né tantomeno di ricevere armi da Israele. Un appoggio ammesso dal premier Netanyahu e confermato recentemente dall'Idf che sottolinea l'importanza di "non abbandonarli ad Hamas". Così - anche dopo il ritiro sul 53 per cento della Striscia - l'esercito continua a garantire la protezione ai clan pronti a combattere Hamas. Un attacco alle milizie degli al-Mujaida in quel di Khan Younis, nel Sud della Striscia, è stato sventato nei giorni scorsi dai droni israeliani che hanno falciato almeno 22 combattenti di Hamas.

Grazie a quell'intervento Hossam al Hastal, comandante delle milizie al-Mujaida è riuscito a mantenere il totale controllo dell'importante quartiere di Kizan al Najar. "La cacciata di Hamas da tutta la Striscia - ha dichiarato al Astal dopo la battaglia - è solo questione di tempo". Ma in tutto ciò anche il disarmo di Hamas sembra già un miraggio.

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