Voucher al posto dei rimborsi vacanze: così l'Italia rischia di perdere i turisti

Dubbi dall'Ue. E le associazioni consumatori consigliano di fare causa

Voucher al posto dei rimborsi vacanze: così l'Italia rischia di perdere i turisti

Non bastavano i morti e la devastazione economica causata dai decreti di chiusura totale del Paese, il governo è riuscito anche a scatenare una «guerra tra poveri», tra albergatori e clienti, scaricando sugli italiani già in difficoltà il costo della crisi del settore turistico. Invece di aiutare gli imprenditori alberghieri colpiti duramente dall'emergenza infinita Covid19, la maggioranza Pd-M5s ha infatti pensato bene di farlo fare forzosamente a chi aveva prenotato e pagato in anticipo una vacanza e che adesso, con l'incognita sulla durata dell'epidemia, è stato costretto a disdirla. Alle migliaia di disdette arrivate nelle ultime settimane, con richieste di legittimo rimborso secondo i termini prestabiliti, molti albergatori, proprietari di strutture ricettive (appartamenti, B&B, case vacanze etc), compagnie e operatori turistici, stanno infatti rispondendo con un bel no. Al posto del rimborso, propongono un cambio di date o al massimo un voucher da utilizzare entro un anno. Peccato che nessun italiano sia in grado di sapere se entro tre mesi, sei mesi o un anno si potrà soggiornare nelle località turistiche, fare una crociera, prendere serenamente un aereo o visitare una città d'arte italiana come se il coronavirus fosse solo un brutto ricordo.

E allora su quale base si sta negando il diritto ai rimborsi? Il grimaldello lo ha fornito appunto il governo con il decreto del 2 marzo e poi con il cosiddetto «Cura Italia» (eufemismo). Lì infatti si prevede che «il rimborso può essere effettuato anche mediante l'emissione di un voucher», formula interpretata da molti esercenti come facoltà di non concedere alcun rimborso ma solo il voucher. In questo modo furbesco la maggioranza si è di fatto lavata le mani dal problema di trovare una forma di sostegno per il settore, trasferendo l'onere agli italiani. Insomma il messaggio implicito del governo agli albergatori è: sappiamo che avete bisogno di soldi ma non chiedeteli a noi, prendeteli invece dai vostri clienti. Il problema è che la norma è a forte sospetto di illegittimità, visto che contrasta con la normativa europea sui diritti dei consumatori. Tanto è vero che la Commissione europea nei giorni scorsi ha escluso i voucher come sostituto al rimborso per i passeggeri europei e il commissario alla Giustizia Ue Didier Reynders ha esplicitamente riaffermato la necessità che al consumatore sia garantito il «diritto a un pieno rimborso».

Le associazioni che tutelano i consumatori italiani sono sommerse da richieste di aiuto, l'invito è ad aspettare la conversione in legge del decreto e poi fare eventualmente causa. L'altro invito è di non prenotare più vacanze in Italia. Questo il risultato della furbata governativa, un boomerang che quindi scoraggerà ancora di più gli italiani a fare vacanze in Italia visto che si nega loro il diritto al rimborso in caso di disdetta legittima. L'avvocato Emmanuela Bertucci segue l'Aduc anche su questo nuovo fronte: «Il nostro consiglio è il seguente: chi non vuole il voucher dovrà far causa. E per il futuro (sicuramente fino a settembre 2020) non prenotare in Italia, a meno che non ci si accontenti del voucher. Sotto un profilo europeo la norma è sicuramente dubbia poiché contrasta con le direttive europee di riferimento che gli Stati nazionali non possono derogare. La norma quindi potrebbe essere cassata dalla Corte europea. Gli albergatori rischiano di ottenere una vittoria di Pirro.

Per avere in prestito a tasso zero i soldi dei consumatori perdono le prenotazioni fino al settembre 2020 e perdono la fiducia del consumatore (e i suoi soldi) che d'ora in poi si guarderà bene dal prenotare. Questa «patrimonialina» selettiva farà più danni soprattutto a loro».

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