Davide Zamberlan
Londra Oggi sarà un'altra giornata campale per la politica inglese. Il Parlamento è chiamato a pronunciarsi sugli emendamenti alla bozza di accordo per uscire dall'Ue, bocciata in modo fragoroso un paio di settimane fa. Stasera si avrà più chiarezza sul futuro della Brexit e quale sarà la strada che il governo inglese percorrerà nelle prossime settimane, in vista del voto cruciale fissato per il 13 febbraio.
Sono 14 le proposte di modifica al piano sul quale May e l'Ue raggiunsero un accordo lo scorso 25 novembre, presentate in ordine sparso sia da esponenti della maggioranza che dall'opposizione, alcune anche con un sostegno trasversale. Non tutte saranno discusse e votate oggi, solamente quelle selezionate da John Bercow, lo speaker della House of Commons, il presidente-moderatore della Camera dei Comuni. Saranno annunciate all'inizio della seduta che comincia in tarda mattinata: se la scelta è di esclusiva competenza dello speaker, gli emendamenti ammessi al dibattito sono solitamente quelli con il sostegno parlamentare più ampio e trasversale. I due principali sono di segno opposto, uno presentato dalla parlamentarelaburista Yvette Cooper, ma sostenuto anche da alcuni conservatori pro Europa, che mira a obbligare il governo a chiedere un rinvio della Brexit di 9 mesi se entro il 26 febbraio il parlamento non avrà approvato un accordo per regolare l'uscita. È criticato da May perché depotenzierebbe il peso negoziale del Regno Unito con l'Ue in quanto toglierebbe dal tavolo l'opzione no deal, un'uscita senza accordo che spaventa tutti.
Il secondo emendamento è a firma del conservatore Graham Brady e sostiene il piano May già bocciato lo scorso 15 gennaio chiedendo tuttavia che «la clausola di backstop in Irlanda del Nord venga sostituita con misure alternative per evitare un confine fisico». Diversamente da quello di Cooper, questo emendamento è appoggiato dal governo che ieri ha chiesto alla maggioranza di unirsi nel sostegno alla proposta Brady. Se dovesse passare, consentirebbe a Theresa May di tornare a Bruxelles mostrando che ha ancora una maggioranza che la sostiene e indicando di cosa ha bisogno per poter far approvare l'accordo dal parlamento. Una backstop emendata, magari con un limite temporale.
Dando per scontato che questo emendamento venga oggi scelto dallo speaker dei Comuni, rimangono due questioni aperte che rischiano di minare la strategia del governo. Un numero sufficiente di parlamentari che votino a favore della proposta e la volontà dell'Europa di rimettersi a discutere di backstop. Difficile dire quale sia l'ostacolo più ostico. La maggioranza dei conservatori sosterrà l'emendamento Brady così come i parlamentari del partito nordirlandese DUP e forse qualcuno dell'opposizione con un orecchio attento alla propria base euroscettica. Tuttavia si sono schierati contro alcuni dei brexiteer più duri, fra cui l'ex ministro per la Brexit David Davis, sostenendo che comunque il piano May rimane insufficiente. La differenza tra i due schieramenti è risicata ma se l'emendamento dovesse passare bisognerà comunque aspettare le mosse di Bruxelles, da cui sono giunti messaggi contrastanti: siamo disposti a migliorare il backstop che però non può essere eliminato. E attenzione, ha detto Sabine Weyand, vice del capo negoziatore europeo per la Brexit, Barnier, il rischio di un'uscita senza accordo è ora «molto alto».
Lo temono (quasi) tutti da entrambi i lati della Manica, ieri è arrivato l'ennesimo invito a evitarlo a tutti i costi. Le principali catene di supermercati inglesi hanno sottolineato il forte rischio di scaffali vuoti, minori qualità e scelta dei proditti e prezzi alle stelle dovuti ai maggiori dazi. Mancano 59 giorni.