Coronavirus

Zangrillo: "Gli asintomatici? Dei lavativi seriali". Bufera per il tweet (ma l'Italia rischia lo stop)

Il medico contro l'eccesso di precauzione. Burioni: "Problema centrale"

Zangrillo: "Gli asintomatici? Dei lavativi seriali". Bufera per il tweet (ma l'Italia rischia lo stop)

Il tweet è di quelli che colpiscono nel segno. «Accade che lavativi seriali, positivi al test Covid-19, non lavorino per settimane, sebbene asintomatici. Così si distrugge il Paese». La frase, sintetica, lapidaria, è scritta da Alberto Zangrillo, prorettore dell'Università Vita Salute San Raffaele di Milano, direttore del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell'Irccs ospedale San Raffaele nonché medico personale di Silvio Berlusconi e rimbalza dopo l'allarme della Fondazione Gimbe che prevede un lockdown di fatto visto l'alto numero degli infetti in circolazione.

E questo scenario induce a serie riflessioni. Ha ancora senso restare chiusi per 7 o 10 giorni prima di poter tornare al lavoro anche se non hai uno straccio di sintomo? Ha ancora senso fare milioni di tamponi per stanare anche gli asintomatici quando nel resto d'Europa non c'è la corsa all'untore a tutti costi? È vero che esistono i soliti fannulloni che ne approfittano pure della pandemia per incrociare le braccia, ma non sono forse le regole generali che vanno modificate?

La prima risposta, la più qualificata, arriva dal virologo Roberto Burioni: «Alberto pone un problema estremamente importante che dovrebbe essere scientificamente all'ordine del giorno e non lo è». La sua analisi è realistica: «Partiamo da un presupposto: di questo virus, a meno di vaccini miracolosi al momento non in vista, non ci libereremo mai. Potevamo sperarlo nella primavera del 2021, quando non conoscevamo ancora la capacità di questo virus di generare nuove varianti e potevamo sperare in un'immunità di gregge che potesse far fare a questo virus la fine del morbillo. Ora sappiamo che non è così: con il Covid al 99,9% dovremo convivere per l'eternità, come con l'influenza. Diventa dunque importante chiarire un punto fondamentale: per quanti giorni una persona che si è ammalata deve essere isolata? Ci sono recenti ricerche che approfondiscono questi aspetti, ma è necessario impegnarsi in maniera intensa nel chiarire i dettagli dell'infettività dei positivi perché questi dati sono a questo punto importantissimi. Ovviamente non possiamo lasciare in circolazione persone contagiose; allo stesso tempo non possiamo permetterci come società di privarci del lavoro di troppe persone per un eccesso di precauzione. Dopo i vaccini e gli antivirali è giunto il momento di capire come unire le esigenze di sicurezza sanitaria con quelle economiche, sociali e culturali del Paese. Come bilanciarle è compito della politica: ma i dati sui quali decidere deve fornirli la scienza».

Anche la gente comune si schiera con Zangrillo. Vuole l'allentamento della quarantena. Sembra ormai una cosa ovvia. «Il sistema del primo Covid va aggiustato, abbiamo medicine e vaccino, il virus è meno pericoloso, la politica deve cambiare le regole», scrivono. Oppure: «È il sistema sanitario che non ti permette di andare al lavoro: io ho fatto 20 giorni di positività, sebbene non avessi sintomi dal quarto giorno, ma non potevo uscire», conferma un follower. «Prof, se non ci fosse l'obbligo di aspettare la negativizzazione, ma dopo 3 giorni dalla scomparsa dei sintomi si tornasse alla vita normale, senza fare ulteriori tamponi, i lavativi seriali non avrebbero vita facile». E ancora: «Prima di dare la colpa ai singoli, chiediamoci chi ha reso legittimi tali comportamenti. Il paese viene distrutto da chi fa le norme, non da chi le applica.

Se non si chiude definitivamente l'emergenza e tutto il circo mediatico che ci ruota attorno, non ne usciamo».

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