Ho deciso, vado a Parigi. Già mi sono perso il maggio del '68, non voglio perdermi anche il novembre del 2005. Che temo sarà molto più importante, nella storia, e porterà di peggio assai. Il '68, almeno, qualcosa di buono ce l'aveva e ce l'ha dato. Parto domani, ma stanotte m'è venuto in mente di dare un'occhiata al libretto di Mao. L'associazione è ovvia. Ricordiamo tutti (anche chi non era nato, per averlo visto in tanti documentari) quanto si sventolava quel libriccino rosso, a Parigi e in tutto il mondo, allora e in seguito.
Non sono mai stato comunista (e me ne vanto), figurarsi maoista. Però quel libro ce l'ho ancora in bella vista, negli scaffali dei documenti, eccolo lì, «STAMPATO NEL GENNAIO 1968», pieno di mie sottolineature e gonfio di ritagli d'articolo e recensioni, parecchie già di quel giallo compassionevole che assume da vecchia la carta di giornale. Non lo rileggo più o meno da quei tempi, a parte qualche visita veloce nei decenni, ma è strano davvero che non ne ricordi neppure una frase, se non quella che sappiamo tutti, per cui «Il potere sta sulle canne dei fucili». Peraltro lo sa anche Celentano che ormai è stata superata dal potere stesso, che usa più volentieri banconote e petrolio, oro e televisioni.
Sfoglio e leggo qua e là le mie sottolineature di allora. Mi capita subito sott'occhio: «Quali sono i nostri nemici e quali i nostri amici? Ecco un problema che nella guerra ha un'importanza capitale». BELIN!!! (Il lettore voglia essere benevolo, con me e con il direttore che ha pubblicato per intero la non elegante parola, per di più in maiuscolo: è la mia notazione a latere di allora, e in quanto tale già documento storico: interesserà i sociologi e gli storici di oggi e di domani, non perché mia, ma in quanto giudizio di merito coevo di un diciottenne. Comunque, il mio commento attuale è stato «C
!!!». Un'altra frase è affiancata dalla stessa parola: «L'esito della guerra è determinato anche dalla capacità dei comandanti». Stranamente, invece, ignorai la preziosa precisazione: «Il principio di conservare le proprie forze e distruggere quelle del nemico è alla base di tutta l'arte militare». Mi scuso ricordando che ero giovane.
Poco dopo c'è un altro pensiero sottolineatissimo e commentato, ma in maniera tale che Belpietro non la lascerebbe passare neanche in un momento di massima distrazione o di eccelso rigore filologico, e in questo caso a ragione: i quotidiani - ormai e per fortuna - li leggono anche i bambini: «La morte è cosa frequente».
Di grufulo in muggito, d'ululato in sgrufolo vado avanti a capocchioni: «Colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario è un rivoluzionario». «Colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario, ma soltanto a parole e agisce altrimenti, è un rivoluzionario a parole». «È del tutto falso asserire che prevalgano gli errori, quando prevalgono i successi». «Se il partito non applica una politica giusta, applica una politica errata. Se non applica una politica consapevolmente, la applica ciecamente». E qui mi spiace, caro Mao, ma essendo l'opera degli anni Sessanta, questa di certo l'hai copiata da mia nonna Marianna, detta Nanna o Veleno. Gliela sentivo sempre dire da bambino: «Dove la scopa non arriva, la polvere da sola non se ne va». Il problema è: come avrà fatto a scoprire e rubare le idee di nonna Nanna.
Basta, parto. Metto in valigia il Dizionario filosofico, la Costituzione della Repubblica francese e il Corano. E porto anche il libretto rosso, non c'entrerà niente ma non si sa mai, diavolo d'un Mao.
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