Polverini: «Ho fiducia nel Tar per dare diritto di voto a tutti»

Il decreto interpretativo delle norme elettorali se, da una parte, potrà servire a riammettere la lista provinciale del Pdl a Roma, dall’altra diventerà, specularmente, il cavallo di battaglia del centrosinistra che, oggettivamente, aveva scelto la Bonino proprio per superare il vuoto programmatico creatosi a seguito dello scandalo Marrazzo e del baratro-sanità. Ora, finalmente, il centrosinistra ha a sua disposizione un argomento sul quale impostare tutta la campagna elettorale. Montino ha già annunciato che la giunta regionale solleverà un conflitto di competenze davanti alla Consulta (perché si ritiene scippata della competenza in materia elettorale) e ha gridato contro il «cambiamento delle regole a gioco in corso». Il successore di Marrazzo ha, però, la memoria molto corta, per almeno due motivi: il primo riguarda la stessa legge elettorale regionale da lui evocata. Se si chiede il rispetto delle regole, bisogna essere i primi a rispettarle e questo non è avvenuto. Perché la legge regionale n.2, varata nel 2005 e tuttora vigente, prevede che nel caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, le elezioni debbano essere indette entro 90 giorni. Sull’interpretazione del verbo “indire” una sentenza della Corte costituzionale ha chiarito che bisogna intendere che le elezioni si devono “svolgere” entro 90 giorni. Nel Lazio, visto che il Consiglio è stato sciolto il 29 ottobre 2009 a seguito delle dimissioni di Marrazzo, si doveva votare entro il 29 gennaio. Le norme vanno applicate nella loro interezza, non solo quelle che più fanno comodo.
Quanto al secondo punto, Montino dovrebbe anche ricordare che cosa avvenne subito dopo l’elezione di Rutelli in Campidoglio. La legge sull’elezione diretta del sindaco stabiliva che l’incarico di presidente del Consiglio comunale andava attribuito al consigliere che avesse ottenuto il maggior numero di preferenze. La spuntò Teodoro Buontempo che, però, sedette sullo scranno più alto dell’aula di Giulio Cesare solo pochi giorni. E con un cambio di regole a giochi non in corso, ma già fatti, fu defenestrato. Nessuno, però, a cominciare dallo stesso Montino, gridò all’attentato alla democrazia.
Ora, invece, tutto il centrosinistra si straccia le vesti e si mobilita per “lesa democrazia”, come se il contestato decreto contenesse norme volte a limitare il diritto di voto. Al contrario. Consentirà, sempre che la giustizia amministrativa faccia il suo corso senza condizionamenti, di far partecipare alle elezioni tutti gli elettori del Lazio, una parte dei quali era stata, invece, privata di questo diritto. È quanto sostiene il sindaco Gianni Alemanno: «Il decreto può essere un passo in avanti decisivo per ridare a tutti i romani la possibilità di votare. Credo sia importante per tutti e spero non sia fonte di nuove polemiche. Ora bisogna immergersi nella campagna elettorale e parlare di contenuti e programma chiudendo definitivamente la fase delle polemiche».
«Se il governo e il presidente della Repubblica hanno voluto mettere in campo questo provvedimento evidentemente è perché c’è la volontà di garantire a tutti gli elettori del Lazio di andare alle urne il 28 e il 29 marzo», ha ribadito dal canto suo la candidata del centrodestra Renata Polverini. A proposito della decisione del Tar di domani ha detto: «Io sono sempre fiduciosa e non ho mai perso né la fiducia né l’ottimismo. Ho il dovere di farlo perché voglio cambiare questa regione e l’ottimismo ci aiuta ad andare avanti».


Infine, per dissipare ogni dubbio sui nomi della lista Pdl, il coordinatore regionale Vincenzo Piso ha annunciato un «rito pubblico», magari «con un filmato e davanti ai giornalisti» per presentare la lista sequestrata dai carabinieri.

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