Ponzoni e la mafia a Desio: «La Lega pagherà nelle urne»

«Ho il morale a terra, forse è meglio che non parli. Su Desio deve calare il silenzio. Se n’è parlato troppo, televisioni e giornali ci sono saltati addosso». Dicono che il venerdì delle dimissioni dei 17 consiglieri comunali (di cui sei leghisti), anche qualche lacrima abbia rigato il volto del sindaco Giampiero Mariani, quarant’anni di politica e un secondo mandato chiuso dopo appena qualche mese. Con Desio disegnata da molti come la Locri della Brianza e la Lega che si allea con il centrosinistra per affondarlo. Nessun indagato in Comune, ma l’inchiesta «Infinito» dei pm Ilda Boccassini e Paolo Storari che a luglio ha portato in carcere 13 presunti affiliati ai «locali» della zona, mentre sui giornali comparivano intercettazioni con i nomi eccellenti di boss e politici.
«Saviano, guarda e impara - esultano quelli del Carroccio - Una giunta chiacchierata e la Lega la fa sciogliere». Pesante la replica di Massimo Ponzoni, uomo forte del Pdl in città e consigliere regionale. «Ne risponderanno alle elezioni, vedremo se faranno una bella figura o meno». E ricorda di quando dieci anni fa era consigliere comunale a Desio e fu sfiduciato un sindaco della Lega alla guida di una giunta monocolore. «È il bello della politica». Con la convinzione che il Comune non sia caduto per gli affari della criminalità organizzata in Brianza, ma per altro. «Si fa presto a dire infiltrazioni mafiose - ha spiegato ieri Ponzoni -. Si tratta di divergenza che nelle ultime settimane sono diventate questioni personali. Si sono rotti i rapporti tra le persone e non tra i partiti. Sicuramente il tam tam mediatico ha avuto la sua parte, adesso vedremo. Gianpiero Mariani è un’ottima persona ed è stato un ottimo sindaco». La Lega che vota con il Pd e i dipietristi? «Vedremo alle elezioni di marzo. Ognuno si prenderà le responsabilità dei propri comportamenti». In ogni caso Ponzoni è d’accordo con il Carroccio sul fatto che in Brianza, a Desio, Seregno e Giussano, «paghiamo lo scotto della legge sul soggiorno obbligato» che ha portato qui i mafiosi lungo tutti questi decenni.
Di fatto una sindaco eletto, anzi rieletto a marzo alla testa di una coalizione di centrodestra che ha raccolto il 56 per cento dei voti già al primo turno, è costretto a lasciare la scrivania a un commissario prefettizio. Pagando intercettazioni nelle quali comparivano i nomi di Natale Marrone che si è dimesso dall’incarico di coordinatore del Pdl, ma non da quello di consigliere comunale, del boss Pio Candeloro, di Rosario Perri, del presidente del consiglio comunale Nicola Mezzacuva e di Ponzoni. Si parla di vendette e di «soldi nei tubi». Un clima di sospetto e una volontà di chiarezza sulle infiltrazioni mafiose che ha portato il Carroccio a chiedere un «segnale di discontinuità» al sindaco Mariani. «Il sindaco è l’unico responsabile di questo tracollo - tuona il capogruppo leghista, Andrea Villa - Lui che ha sempre negato la presenza della ’ndrangheta in città, lui che ha risposto con un inaccettabile immobilismo alla richiesta di pugno fermo che veniva trasversalmente. Noi ci siamo sempre esposti, uscendo anche dalla giunta e dicendo no a nuove poltrone.

Lui è sempre rimasto impassibile, portandoci di fatto a questa estrema soluzione». Di «posizioni bambinesche - parla Mariani davanti alle telecamere in un video che si trova anche su internet - Quelli della Lega non sanno nemmeno cosa voglia dire amministrare una città».

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