Per semplificare, YouTube si è finalmente messo in regola. Anche in Italia. Qualche tempo fa le case discografiche avevano già firmato contratti con quello che è il canale video più seguito del web. Ieri lo ha fatto anche la Siae, la società italiana che tutela il diritto dautore e per forza ora il presidente Giorgio Assumma parla di «accordo storico». Insomma, gli autori, compositori ed editori rappresentati dalla Siae saranno ricompensati quando viene utilizzata la loro musica in streaming. Laccordo scade nel 2012 e prevede una percentuale sui ricavi della pubblicità che YouTube è pronta ad accostare ai contenuti. Come si sa, YouTube è stata acquistata da Google e ora inizia a seguirne la stessa politica, ossia fornire contenuti in cambio di advertising. Per la musica italiana, è un passo importantissimo. Ovvio che adesso Manlio Mallia, direttore dellArea attività internazionale della Siae esulti spiegando che è «un momento importante». Ed è persino secondario che il direttore generale Gaetano Blandini lamenti che «dal punto di visto economico non siamo pienamente soddisfatti». Limportante e lo dice anche lui a chiare lettere è che «è una straordinaria opportunità».
Appunto. Per la precisione, non ci sono cifre ufficiali. Ma sembra che il minimo garantito alla Siae sia di 1.1 milioni di euro e le vertenze sugli anni trascorsi possano risolversi con luna tantum di 400mila euro. Ma sono dettagli, comunque. Il punto decisivo è che anche lItalia è entrata almeno per questo aspetto nel futuro. Daccordo che, come conferma il presidente della Emi Marco Alboni, uno che vede lungo, «lItalia non è un buon indicatore del futuro». Però almeno ci siamo e pazienza se il ritardo è stato catastrofico. Riassumiamo. Prima YouTube era una giungla che al confronto quella di Tarzan sembrava regolamentata più severamente della metropolitana di Tokio: chiunque poteva cliccare qualsiasi video senza che gli autori o i produttori ne ricevessero il benché minimo compenso. Altro che diritto dautore: diritto di saccheggio e via andare.
Poi, faticosamente, sono intervenuti gli accordi singoli, o in piccoli consorzi, con le major, che in seguito hanno anche creato una joint venture con una piattaforma importante come Vivo. Linizio di una crociata. Per fare un esempio che la dica tutta, fino a ieri il video di un artista a caso, prendiamone uno di un bel po di tempo fa come Adesso tu di Eros Ramazzotti, portava un compenso variabile seppure esiguo al produttore discografico ma nulla esatto: nulla allautore. Adesso, qui in Italia come in modo variabile anche in altri paesi europei e americani, cè un riequilibrio non ancora risolutivo ma per lo meno incoraggiante. «YouTube si è completamente legalizzato», dice Enzo Mazza, presidente della Fimi, che è la Confindustria della discografia. Certo, è quasi incredibile che per civilizzare questa delicata frontiera siano stati necessari così tanti anni. Forse è stata una questione solo generazionale perché molti, per troppo tempo, non hanno colto con quale stordente velocità stesse cambiando il mondo del pop.
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