Massimo Restelli
da Milano
Da matrimonio annunciato a divorzio: tramonta la fusione tra Cattolica e Popolare Verona che hanno anche rotto i propri intrecci «industriali» nella bancassurance. La parola fine è stata scritta ieri sera ma le trattative apparivano in stallo già da qualche giorno. Oltre al «peso» dellintegrazione con Lodi, un fattore evidente nelle sale operative, a fare scattare il no dellamministratore delegato Fabio Innocenzi sarebbero state alcune evidenze della due diligence.
A partire, anche se Cattolica (meno 2% a 45,86 euro in Piazza Affari) si è limitata a rilevare come «non esistano le condizioni» per proseguire il percorso di avvicinamento a Bpvn (meno 0,2% a 21,36 euro), dallaffidabilità delle stesse riserve della compagnia assicurativa. A essere sconfessate sono state non solo la creazione di un unico polo finanziario scaligero ma le stesse basi della collaborazione in essere. Sono andati in frantumi infatti anche i patti parasociali e gli accordi industriali sulla joint venture Bpv Vita. Cui, a meno di ripensamenti, dovrebbe seguire la fine della collaborazione nel ramo dei Danni che separerà definitivamente le strade delle casemadri.
Se resta da capire quale sarà lesatto mosaico bancassicurativo della superpopolare Bpi-Bpvn (sono previsti accordi commerciali senza carattere di esclusiva), la compagnia guidata da Ezio Paolo Reggia ha già confermato «il rafforzamento» dellasse con la spagnola Mapfre. Malgrado il quadro complessivo sia mutato, è quindi ancora valida la prospettiva dello scorporo da Cattolica di un polo milanese imperniato sulla Duomo. Destinata, a sua volta, a varare un aumento di capitale riservato a Mapfre che salirebbe così al 30% della compagnia, immettendo mezzi freschi preziosi per la crescita. La prima occasione potrebbe essere legata ai risultati dellesame Antitrust sul passaggio di Toro nellorbita delle Generali.
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