Politica

Il popolo anti canone in coda ai gazebo: «Un furto, ora basta»

«Il canone? E chi l’ha mai pagato!». Parola di carabiniere. «Da quando mi sono trasferito e ho lasciato la casa dei miei genitori non ho mai pagato l’abbonamento e devo dire che non mi è mai successo niente! - racconta un po’ stupito Paolo, 40 anni di Roma -. Trovo che sia una tassa ingiusta, soprattutto per il genere di programmi che offre. Non si capisce perché dovrei sottostare a una tassa per pagare giornalisti orientati politicamente». «Non ho mai pagato - fa eco una giornalista - anche se ho sempre posseduto la televisione: la Rai è già finanziata dai proventi pubblicitari». «Ho deciso oggi di disdire il mio abbonamento - risponde la signora Gianna di Roma, pensionata - e sa cosa faccio? Ci faccio una bella spesa con i soldi che risparmio». Voci dal popolo del «no canone», movimento trasversale, che da Roma a Milano ha trovato pane per i suoi denti: i gazebo. È questo il filo rosso che da ieri ha unito sotto un unico tendone bianco le centinaia di firme raccolte e le migliaia di volantini distribuiti in piazza San Babila all’ombra della Madonnina e in via Cola di Rienzo davanti alla torrefazione Castroni nella Capitale.
Bancari, commesse, pensionati, piloti, hostess, giornalisti, ex dipendenti dei Comuni, parrucchieri, avvocati, giudici precursori della battaglia lanciata dal Giornale e portata avanti nelle strade e nelle piazze d’Italia da Daniela Santanchè. Ora si sentono meno soli e, soprattutto i più anziani, non hanno più paura delle possibili ritorsioni che la perfida «mamma Rai» potrebbe mettere in atto. Liberati da questa spada di Damocle in realtà inesistente possono dare libero sfogo alla loro rabbia, all’esasperazione dovuta a «anni di dominio di una televisione politicamente schierata, solo capace di sputare in faccia al premier e rovinare l’immagine dell’Italia nel mondo, a nostre spese» come chiosa la stessa Santanchè, che ieri ha dato il via alla raccolta firme nel cuore di Milano.
Il volto dei «no canone» è quello di Paolo, 76 anni, istruttore minatore in Sudafrica, camionista, arbitro: «Quando mi trasferii a Milano decisi che non avrei più pagato il canone, ma i miei figli si opposero perché preoccupati delle eventuali conseguenze... È arrivato finalmente il momento di dire basta, non ci sono nemmeno più i miei figli in casa che si oppongono». «D’altronde - fa notare un pilota in pensione - è la stessa azienda che me lo ha chiesto: sul bollettino per il rinnovo dell’abbonamento si chiede “vuoi rinnovare il canone, si o no?” Io nel 2003 risposi “no”. Mia moglie si spaventò così tanto che l’anno dopo mi costrinse a pagare non solo il canone, ma anche la mora. Adesso però nessuno può dirmi niente, c’è la Santanchè...».
Passano i minuti e le firme di moltiplicano: se nella capitale della finanza nel primo pomeriggio il foglio di adesione alla campagna «Non con i nostri soldi» lanciata dalla leader del Movimento per l’Italia contava oltre 300 nomi, nell’Urbe in sole tre ore si era già arrivati a quota 500. Tra queste si notano anche nomi stranieri come quelli dei turisti inglesi di passaggio che firmano contro la Rai, perché «vorremmo una campagna analoga contro la Bbc» come spiegano in un italiano molto stentato. Si accoda loro anche una signora tedesca, una versione agée di Ela Weber. Nelle file dei «no canone» si contano anche studenti di scienze politiche e di economia, l’avvocatessa con la figlia hostess in partenza per il Kuwait, il giudice della Corte d’appello, il gruppo di bancari, le commesse in pausa pranzo, l’ex militante dell’Msi.
Persone diverse per età, estrazione sociale, storia, orientamento, accomunati dal comune denominatore: «Essere stufi di una televisione votata alla disinformazione, alla volgarità, alla pressione politica e alla faziosità. Non con i nostri soldi. Mai più». Anche i poliziotti si uniscono all’appello, firmano, si informano su come disdire l’abbonamento e chiedono la presenza della portavoce dell’Mpi alla loro manifestazione prevista per il 15 ottobre a Roma per il rinnovo del contratto.

Si unisce al coro, con voce baritonale Mario, cantante lirico in pensione, pantaloni e camicia bianca, gilet fantasia, Borsalino candido: «Disdico il canone - spiega dall’alto della sua bicicletta - perché dare i miei soldi a Santoro non mi vaaa».

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