Il «potere sacro» della sinistra che non governa

Maurizio Schoepflin

Aveva ragione da vendere Antonio Socci, quando, in un editoriale di qualche giorno fa, richiamava l’attenzione su quello che Paolo Mieli ha definito «il potere battesimale della sinistra», ovvero la dura ipoteca che grava da sempre sulla cultura e sulla politica italiane e che fa sì che soltanto la sinistra sia abilitata a dare giudizi su persone e vicende, decidendo con ciò sulla loro validità o, come si dice con linguaggio più à la page, correttezza.
Che si tratti di una persona o di un libro, di una scelta politica o di un film, di un discorso del Papa o dell’intitolazione di una pubblica via, la sinistra italica pretende di dettare legge e di stabilire la bontà o meno della cosa di volta in volta presa in esame. Ma non basta: come giustamente ricordava Socci, siamo arrivati addirittura al punto in cui la medesima azione o il medesimo atteggiamento sono giudicati positivamente se provengono da sinistra, negativamente se la provenienza è diversa. Qualche tempo fa andava di moda il termine «sdoganare»: ecco, in Italia, gli uomini di sinistra si sentono investiti di una sorta di sacro potere che permette loro di sdoganare idee e persone a loro piacimento, oppure, al contrario, di condannarle e confinarle nell’inferno del politicamente scorretto. È questo uno dei volti dell’egemonia culturale di gramsciana memoria, la cui esistenza è talmente palese che fa quasi tenerezza il vederla negare.
Si tratta di un’egemonia che, oltre tutto, per lungo tempo e almeno in parte ancora oggi, ha determinato e determina pure una terribile sindrome di Stoccolma, a causa della quale anche coloro che di sinistra non sono hanno avvertito e avvertono una sorta di superiorità intellettuale ed etica della cultura e dei comportamenti tipici dei cosiddetti progressisti. A un certo punto si sostenne che la caduta del muro di Berlino aveva trascinato con sé anche le grandi ideologie, prima fra tutte quella comunista, e che perciò la nuova politica deideologizzata si sarebbe misurata soltanto sulla concretezza dei fatti e sulla soluzione dei problemi.
Chi, come me, vive in una regione e in una provincia amministrate da sempre dalle sinistre, sa bene che, a voler essere generosi, esse non hanno dimostrato alcuna migliore e maggiore capacità di governo rispetto alle altre forze politiche. Anzi, nel mio comune, dove, dopo una cinquantina d’anni, si è costituita una maggioranza di centrodestra, le cose, pur tra mille inevitabili problemi, sono andate meglio. Allora perché la sinistra in Toscana (e anche altrove) vince le elezioni pur non avendo meriti particolari da accampare? I motivi sono sicuramente molti, ma uno non possiamo dimenticarlo: la sinistra conserva un chiaro primato culturale, un primato non certo riguardante i valori, ma il potere sì.


Purtroppo si tratta di un primato ancora oggi indiscusso, nonostante da più parti da qualche tempo si stia meritoriamente cercando di opporsi a esso; importante è che, comunque, questo cammino di liberazione sia iniziato, anche se non c’è da farsi illusioni sulla sua lunghezza e asperità. Dovrà pur arrivare anche in Italia il giorno in cui idee e uomini non verranno più giudicati dai tribunali speciali costituiti dai soloni della sinistra politicamente corretta!

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